{rokbox title=| :: |}images/sagraselvaggia.jpg{/rokbox}Un manifesto per sensibilizzare i comuni del territorio Stop alla sagra selvaggia. Semaforo rosso di Confesercenti alla concorrenza sleale. Lampadina verde accesa solo alle sagre che valorizzano i prodotti tipici. È questa la determinata posizione di Confesercenti a proposito del proliferare delle sagre che sta causando disagi agli esercenti della ristorazione. Tappezzate le strade del territorio con 500 manifesti per sensibilizzare le amministrazioni dei comuni della Provincia a mettere in calendario per il 2011 solo le sagre indicate come meritevoli.
“Quella trascorsa deve essere l’ultima estate della ‘sagra selvaggia’. Basta con le parole, ora i fatti!” si legge nel manifesto a firma Confesercenti.
“L’iniziativa – spiega Mario Checcaglini direttore di Confesercenti – vuole sensibilizzare le amministrazioni locali inadempienti, rispetto a quanto disposto dal primo codice del commercio del 2005 previsto dalla legge regionale. Più volte abbiamo scritto loro affinché affrontassero la delicata e importante questione. Ad oggi però nessun comune, nonostante le numerose sollecitazioni, ha ottemperato a quanto disposto dal provvedimento della Regione. Ci ha provato Arezzo, ma il progetto si è arenato, infatti in consiglio comunale non è approdato niente. Ora basta. La situazione economica, oggi, non consente più colpevoli distrazioni”.
L’iniziativa intrapresa in un periodo in cui la gran parte delle sagre si sono ormai concluse e che vuole quindi pensare con anticipo al futuro.
“I Comuni hanno i prossimi tre mesi – prosegue Checcaglini – per adeguarsi al codice del commercio e programmare per il prossimo anno le sagre veramente meritevoli. L’Amministrazione provinciale ne ha censite, con queste caratteristiche, solo 55 delle oltre 300 che si svolgono nel nostro territorio”.
Dal Casentino al Valdarno, dalla Valdichiana alla Valtiberina negli anni sono aumentate le feste paesane e le sagre. Adesso per Checcaglini “Sono veramente troppe, e il volume di affari, in appena quattro mesi, è stimato in 5 milioni di euro l’anno. Se non regoliamo il fenomeno entro il 31 dicembre 2010 anche nel 2011 le sagre si svolgeranno senza nessuna ragionevole regola”.
“Con l’affissione dei manifesti – aggiunge il presidente Alberto Papini – intendiamo sostenere i pubblici esercizi per cercare di limitare il crescente numero di sagre. Come associazione abbiamo anche scritto una lettera ai 39 sindaci dei comuni della provincia aretina per chiedere formalmente di attivare il tavolo di concertazione previsto dal testo unico del commercio della Regione Toscana”.
“È intorno a quel tavolo – prosegue Papini – che dovrà essere redatto il calendario delle sagre o feste paesane. Ma a noi non basta il calendario, a quel tavolo chiederemo anche un regolamento che ne disciplini lo svolgimento”.
A proposito di regolamento, Confesercenti ha le idee chiare e chiede quattro principi elementari da adottate. Il primo è quello di destinare il ricavato di feste e sagre solo a fini sociali. Il secondo è che le sagre devono valorizzare solo le produzioni locali. Il terzo principio indica la durata che deve essere limitata, al massimo 5 giorni in un solo fine settimana. Il quarto riguarda il menù. Le pietanze devono essere coerenti con il prodotto che si valorizza. La varietà di antipasti, primi, secondi, pizze e dolci è sempre più similare a quanto proposto dai ristoranti.
Alt quindi alle sagre che si riferiscono a prodotti che non sono tipici del nostro territorio. Una richiesta alla quale i comuni non possono sottrarsi.
Nel territorio, la Provincia di Arezzo ne ha censite 106 di cui solo 55 indicate come meritevole e di cui 17 solo nel Comune di Arezzo. Il comune di Arezzo quest’anno ha rilasciato 81 autorizzazioni di somministrazione temporanea di bevande e alimenti, suddivise in 26 sagre e 55 feste. L’Apt, nel sito ne indica 160. “Confesercenti ritiene – conclude Checcaglini – che ce ne siano circa 300 e considerando una durata media di 4 giorni ciascuna, se calcoliamo 200 coperti a serata e moltiplichiamo per 20 euro il costo di un pasto medio, raggiungiamo un fatturato di 5milioni di euro.
Una stima prudenziale al ribasso che è sufficiente a far tremare i gestori e titolari dei pubblici esercizi e della ristorazione. Alla conferenza erano presenti anche alcuni ristoratori del territorio. Per Arezzo, c’era Teresa Stilo del ristorante “Chiavi d’oro”, per la valdichiana Maurizio Menci del ristorante “Nessun dorma” di Cortona, per la valtiberina Antonio Fanelli del “Feudo del vicario “ di Anghiari, per il Valdarno Paolo Tizzanini dell’“Osteria dell’acquolina” di Terranuova Bracciolini e per il Casentino Massimo Bartolini del ristorante “Il Massimo” a Corsalone. E tutti hanno voluto testimoniare quanto è sentito il problema e la necessità di correre ai ripari prima possibile
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