Il decreto 183, cosidetto “salvabanche” di recente istituzione ha per ora prodotto un solo effetto pratico. L’azzeramento dei risparmi di molti ignari cittadini ed il possibile fallimento del principale istituto bancario della città di Arezzo. Il tutto nel mentre sia il Governatore della BCE Draghi che il Governatore della Banca d’Italia Visco si stanno affrettando a dissipare i timori che un simile scenario possa ripetersi in futuro in Italia.
Non è sfuggito a nessuno l’impatto mediaticamente negativo che la famosa “risoluzione” delle quattro banche ha provocato nei cittadini italiani.
Nessuno oggi si sente più sicuro di depositare i propri risparmi in un istituto di credito.
Quella locuzione “mettilo in banca” che era assurta a rappresentazione figurata di una sicurezza assoluta suona oggi più come una minaccia che come una raccomandazione.
Draghi assicura, di fronte alla frana borsistica dei titoli bancari, che le valutazioni applicate su Banca Etruria non saranno applicate ai bilanci 2015 delle altre banche (il Sole 24ore del 22 Luglio); Visco va al Forex e dichiara che le norme sul bail in così come sono non sono sopportabili dal sistema e che occorre tempo per smaltire le sofferenze.
Belle parole ma ad Arezzo chi ci pensa?
Lunedì 8 Febbraio potrebbe essere dichiarato lo stato di insolvenza della vecchia Banca Etruria.
Ad oggi alla Nuova Banca Etruria, messa sul mercato come un vestito usato, sono giunte manifestazioni di interesse solo da fondi di private equity esteri.
Ma se viene dichiarato lo stato di insolvenza e la banca va a un fondo estero cosa succede?
Con molta probabilità il fondo acquirente non farà banca tradizionale (non la fanno mai) e quindi ci sarà un fortissimo pericolo occupazionale per i dipendenti della banca nonché (e questo non lo dice nessuno) per tutte le aziende orafe del nostro comprensorio che saranno chiamate a restituire seduta stante i finanziamenti in prestito d’uso.
Scordiamoci che un sistema così particolare di credito alle imprese possa essere affrontato da management stranieri che sono lontani anni luce dalle nostre realtà artigianali ed industriali.
E tutto questo mentre, magari, sarà già in vigore la tanto decantata assicurazione sui crediti deteriorati di MPS ed altri istituti.
E tutto questo mentre, magari, sarà stato accolto il ricorso per incostituzionalità del decreto pendente presso il TAR del Lazio ad opera delle associazioni dei consumatori.
Per questo sarebbe meglio che il ricorso per l’insolvenza, sul quale fra l’altro chi se ne intende nutre più di una perplessità giuridica, venisse perlomeno rimandato.
Non cambierebbe nulla per gli amministratori le cui responsabilità individuali, qualora esistenti, potrebbero essere efficacemente investigate come del resto sta già accadendo ad opera del PM competente.
Cambierebbe molto in tema di speranza per il futuro per i tanti risparmiatori, per i dipendenti di Banca Etruria e per le aziende della nostra provincia.
Cambierebbe in sostanza molto per il territorio aretino …. E non ci pare poco!
Non vorremmo che a pagare sia solo la realtà aretina definita dal premier Renzi come una delle rare città che ha avuto meno governi di centrosinistra e forse, proprio per questo, ora costretta a pagare pegno per questa possibile “colpa”.
Il governo ponga una pezza ai propri errori e eviti di perseverare affossando le aziende del nostro territorio.
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