Dagli organi di informazione continuano a giungere notizie contrastanti: la drammatica urgenza con cui dovrebbe essere approvato in Parlamento il decreto che integra le misure economiche approvate a Luglio (cosiddetta “manovra bis”) si scontra ora dopo ora con le cronache di incontri tra i rappresentanti del Governo e delle varie anime della maggioranza dai quali dovrebbero scaturire accordi decisivi per far quadrare i conti. C’è voluto addirittura un intervento del Presidente della Repubblica per rendere la manovra “efficace” e “credibile”.
Se il cittadino è disorientato, smarrito (ma anche disgustato, dopo un balletto che – mentre l’economia trema e traballa – da oggi per certa una misura e domani la smentisce, per il veto di questa o quella componente della compagine governativa), l’Amministratore locale ha il dovere di raccogliere tutte le energie di cui dispone per far sentire con forza il proprio dissenso.
I Presidenti delle Regioni e delle Province, i Sindaci, hanno ancora manifestato a Roma, incontrato le più alte cariche dello Stato, esposto il loro pensiero contro misure che, se dovessero rimanere invariate, colpirebbero con inaudita energia la parte del sistema pubblico più vicina ai cittadini diminuendo (o eliminando) servizi basilari, abbassando la loro qualità, stroncando ogni prospettiva di sviluppo. Una sorta di de profundis per il sistema delle autonomie locali, una rete vitale che, al di là delle frasi di circostanza, rappresenta concretamente un elemento unificante dello Stato e della sua società.
Dunque l’azione di contrasto, di consultazione, di confronto non si ferma e durerà fino al termine dell’esame parlamentare della manovra con l’obiettivo di ridurre le misure dannose e limitare quelle disastrose.
Se, infatti, è stata fortunatamente accolta la proposta di non cancellare i municipi con meno di 1.000 abitanti, il Governo non ha voluto stralciare le norme relative alla riduzione dei costi della “rappresentanza politica” e alla razionalizzazione dell’esercizio dei Comuni.
E’ quanto contiene l’ormai famigerato art. 16 che potrebbe avere conseguenze catastrofiche sui bilanci delle Autonomie ma la cui complessità tecnica impedisce di farne comprendere ai cittadini l’effettiva portata.
Come Sindaco di un piccolo Comune avverto proprio questo vuoto di comunicazione tra Istituzioni e società: a brevissima scadenza le famiglie, gli anziani, le componenti più deboli della nostra società, potrebbero essere costrette a confrontarsi con gravi problematiche relative ai servizi solo perché il Governo, mentre da un lato sbandiera il cosiddetto “federalismo”, nei fatti dimostra di considerare Regioni, Province e Comuni come un cancro da debellare e non come uno strumento utile per gestire il territorio conoscendone a fondo le problematiche.
Il tutto in nome di una battaglia contro i cosiddetti “costi della politica” sbandierata con demagogia ma quasi ridicola agli effetti pratici.
Sanno i cittadini che il Consiglio Comunale di una piccola realtà costa non più di 150 Euro a Consigliere all’anno? Questo credo sia sufficiente a dimostrare che con questa manovra non si taglia “la casta” ma, molto semplicisticamente, si tagliano la democrazia, la partecipazione, la rappresentanza dei territori.
Per non parlare degli effetti devastanti che avrebbe sui bilanci l’ampliamento dei confini del “patto di stabilità” per il controllo della spesa degli Enti Locali.
Questo i redattori del Decreto all’esame del Parlamento e le forze politiche che lo sostengono non lo raccontano ai cittadini, come non raccontano quanto siano sbilanciati i sacrifici richiesti agli apparati pubblici. Come riferisce Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana, mettendo insieme le manovre economiche degli ultimi due anni, lo Stato (quindi i Ministeri e gli altri organi), che incide sulla spesa pubblica per il 65%, ha subito tagli intorno al 25%, mentre le Regioni, che pesano per il 25%, hanno subito riduzioni del 60%.
Dunque più che parlare di “Enti locali contro la manovra” bisognerebbe cominciare a parlare di una “manovra contro gli Enti locali”, di norme che, brandendo la scimitarra dei tagli agli sprechi, in realtà colpiscono la rappresentanza democratica e, in ultima analisi, la capacità dei cittadini di far sentire la propria voce.
Occorre dunque una mobilitazione generale, che attraversi tutta la società: il problema non riguarda solo i Sindaci e le Giunte, con i loro già magri bilanci, ma proprio i cittadini ai quali vengono negati servizi e capacità di partecipare alle scelte che li riguardano.
La manovra è necessaria ed urgente (anche se risuonano come atrocemente beffarde le parole pronunciate fino a pochi mesi fa dal nostro premier che, di fronte ad un paese in già grave difficoltà, descriveva l’Italia come un’isola felice), i saldi non si toccano ma gli Enti locali sono pronti ad assumersi le proprie responsabilità e a fare fino in fondo la propria parte per evitare uno scempio che potrebbe produrre danni incalcolabili purché tutti i soggetti in gioco dimostrino altrettanto senso di responsabilità, in proporzione al proprio ruolo ed al peso che hanno sui conti dello Stato
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