L’opera di Serafino Maiorano è in mostra a Cortona, negli spazi della Fortezza del Girifalco, come primo evento del CCC – Cortona Contenitore Contemporaneo: luogo ideale dell’espressività corrente, attuale, reso attivo per la cura di Fabio Migliorati. Il critico aretino presenta il lavoro dell’artista sotto il nome di Presenze, dirigendo la capacità e la voglia di comprensione del pubblico verso un “vero” che si presta a rendersi realtà contaminata dal soggettivismo espressivo dell’autore.
Lo sguardo di Serafino Maiorano, prima guida l’obbiettivo della macchina fotografica, scelta di parti del mondo come verità mimetica, poi interviene sul risultato con la materia in pittura. Si decide, così, di modificare le cose per come non sono; le cose divengono altro: a desiderio di un personalismo in questo modo applicato all’oggettività degli oggetti, dell’esterno. Presenze significa relazione dell’artista con il mondo, nel senso che aleggia nell’opera e che si fa avvertire: fra trasparenza e sovrapposizione. Tra ciò che l’artista è nel mondo e quel che egli è per tutti noi, nasce l’arte. Fra autore ed esterno corre un filo che resiste anche tra esso e opera – intesa, questa, quale simbolo dello scibile universale. Ecco il ruolo semantico dell’agire di Maiorano; lui ruba immagini fredde, per stemperarne gli umori nel percepire la loro identità, perché il carattere di questi momenti s’instilla in quel che esse sono: narrativa conquistata, rivelata o intuita, comunque soltanto adesso battezzata, cioè artistica. E se spesso tutto risulta sospeso in una sorta di assenza, è anche vero, d’altro canto, che la struttura semantica del testo viene resa per racconto evanescente ed evocativo. Composizioni enigmatiche, profondità concettuali, velano il vero per simbologia emozionale: a foderare l’atmosfera di silenzio impalpabile, in cui fluttua e si contorce la deriva di uno stile sussurrato benché architettonico. Si recita, dunque, la figura, ma mai si patisce l’intendimento rigoroso del virtuosismo tecnico. Sia allusione geometrica o suggestione naturalistica, si insiste in un processo che diviene conferma, volta per volta, di visioni rincorse e disperse, di scenografie ordinate e ridistribuite, di spettacoli stagnanti nel segreto della luce. Impronta, elaborazione, schermo: tutto compare nella grammatica dell’intimità costituita; è consapevolezza dialettica; è ritmica in rima. Nel sofisticato susseguirsi di temi e soggetti, la discrezione del tepore visivo rilascia la sua storia – come incanto rituale che è sapido impatto. La “presenza” di Serafino Maiorano elegge ad arte la dissolvenza decorativa nell’intensità lirica dello scorcio, fino a domare l’inquietudine della prospettiva: prima predata e poi liberata (secondo nuove norme)
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