Stefano Scaramelli lancia una provocazione, e insieme una seria proposta per il rilancio dell’economia locale. «Sono pronto a violare il Patto di stabilità», annuncia, consapevole dei problemi che tale decisione potrà causare. Una posizione già annunciata dal sindaco di Torino, Piero Fassino, e da quello di Firenze, Matteo Renzi. «Abbiamo 4milioni di euro in cassa – osserva il sindaco di Chiusi – ma non possiamo pagare 1milione di euro ai fornitori. Per questo occorre un atto di disobbedienza civile, per segnalare al governo il disagio degli enti locali e, peggio ancora, di un territorio che deve fare a meno del volano rappresentato dagli investimenti pubblici».
Un concetto che lo stesso Scaramelli ha ribadito in un recente incontro della Cna, facendo un appello al presidente nazionale dell’associazione, Malavasi, per chiedere un contributo concreto a questa battaglia. Il problema è che il Patto non distingue la qualità dell’indebitamento, e mette sullo stesso piano un Comune virtuoso come Chiusi, con i bilanci in regola, che si indebita per costruire infrastrutture e realizzare opere pubbliche, con un’altra città che presenta lo stesso indebitamento ma senza aver fatto queste opere. Dunque si tratta di un criterio cieco, se non stupido, perché non distingue comuni amministrati bene o male, e nemmeno la differenza tra spese correnti e investimenti. Risultato: si blocca il rilancio dell’economia, che in questo momento non può contare sulla funzione anticiclica dei lavori pubblici degli enti locali, mentre le aziende vanno in crisi perché non ricevono soldi. Per questo il Comune di Chiusi inizierà immediatamente a sforare il patto: ciò, oltre a far fronte ai pagamenti alle imprese, consentirà di non tagliare i servizi ai cittadini.
«Intendo violare il patto – ribadisce il sindaco di Chiusi – pur in presenza di gravi rischi. Ad esempio, non potremmo contrarre mutui l’anno successivo, anche se potremmo organizzarci. Si ridurrà inoltre l’indennità del sindaco, degli assessori e dei consiglieri di un terzo dallo stipendio, ma siamo tutti disposti a fare sacrifici purché le aziende che finalmente possano riscuotere dal Comune. Il vero problema potrebbero essere minori trasferimenti dallo Stato, e questo sarebbe davvero un provvedimento inaccettabile». Resta tuttavia la strada della ragionevolezza, e di un atto di disobbedienza da guardare in positivo. «L’auspicio – secondo Scaramelli – è che tutti i Comuni prendano questa posizione, in modo da rendere palese una norma ingiusta, e da obbligare il Governo a una radicale riforma del Patto»