Il Granocchiaio ha vinto, secondo pronostico, la sua diciassettesima conca e il trofeo che va stabilmente a chi arriva alla terza vittoria, chiudendo in bellezza i Ruzzi della conca di Chiusi scalo. Il punteggio non ammette discussioni: 16 a 8 su una Fornace che si è dimostrata competitiva, ma che ha evidentemente pagato la stanchezza. Il Granocchiaio si era guadagnato la finale la scorsa settimana e, mentre i suoi giocatori si scaldavano in un campo di allenamento, la Fornace ha dovuto sconfiggere sempre nel pomeriggio di ieri il Sottogrottone per 12 a 7 e le Biffe per 12 a 6, per arrivare alla partita decisiva.
Un indizio del cedimento fisico può essere la sequenza del punteggio: dal 9 a 3 per il Granocchiaio c’è stata una rimonta fino al 9 a 6, poi non c’è stata più storia. Comunque vanno segnalati alcuni scambi spettacolari, oltre al grande entusiasmo per un gioco sempre più popolare, che vede ormai giocatori di livello. Quelli del Granocchiao formano una squadra imbattibile, con nove vittorie negli ultimi dieci anni. Sono Alessandro Bittoni, Marco Gobbini, Davide Forzoni, Francesco Maglioni, Davide Guarino, Bleri Dervishi. Mandarino (colui che lancia la palla per la battuta iniziale) è Paolo Ranieri, capitano Massimo Marchettini. Grande la gioia dei vincitori, che al termine della partita si sono esibiti in un carosello lungo le vie dello scalo, con ogni mezzo, compreso un camion scoperto. Una gioia che ha chiuso un lungo pomeriggio, iniziato con una sfilata storica in costumi in stile inizi del 1900: è il periodo in cui Chiusi iniziò ad ampliarsi e a crescere fino alle dimensioni attuali. Nel complesso, uno spettacolo appassionante, ancora visibile in replica su Teleidea e nel sito del Comune di Chiusi (www.comune.chiusi.si.it). La serata si è chiusa in bellezza, con il ristorante, la vineria “Speluzzico” e il ballo. Alle 23 si è svolta l’estrazione del gioco “Ruzza e vinci”, la premiazione della sfilata, della corsa del maiale e l’attribuzione del terzo memorial Andrea Betti andato al miglior giocatore del torneo.
La palla al bracciale è la riscoperta di un gioco antico, simile al tennis, che a Chiusi veniva praticato nei pressi della fortezza almeno dal XVII secolo. Si gioca con un maglio in legno sagomato, dove si inserisce la mano che serve a colpire la pallina. Completano il terzetto dei giocatori la “spalla” e il “terzino”. Le regole sono quelle del tennis, salvo per il punteggio: si gioca al meglio dei 12 punti, con la finale a 16. Ai vincitori va la conca di rame che dà il nome alla manifestazione. Ieri era presente una delegazione del comune marchigiano di Treia, sindaco in testa, a testimoniare la ferma intenzione di far nascere un’associazione delle città del pallone al bracciale. L’obiettivo è il recupero definitivo di una vecchia tradizione sportiva, più importante di quanto si possa pensare. Il gioco del pallone col bracciale, derivato dalla pallacorda, cominciò ad affermarsi in Italia già a partire dal XVI secolo e per più di quattro secoli è stato il protagonista indiscusso degli sport sferistici nella penisola italiana, almeno per quanto riguarda l’Italia centro settentrionale, fino a toccare nel XIX secolo i vertici massimi del consenso e della popolarità, divenendo un elemento unificante e rappresentativo della nuova nazione italiana in qualità di sport nazionale. Notevole impulso a questo sport diede la Toscana, tanto che una specialità di gioco era chiamata anche bracciale grande o toscano. Un impressionante numero di giocatori professionisti erano toscani, basti pensare che nell’Ottocento un comune come Poggibonsi contava, come racconta De Amicis, ben diciassette pallonisti di professione: inoltre a questa regione si deve soprattutto il merito di aver dettato, agl’inizi del XIX secolo, le nuove regole di gioco che contribuirono alla trasformazione del pallone da passatempo o gioco di piazza a vero e proprio spettacolo pubblico
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