Dopo il Braccialino e la corsa del maiale di ieri, domani (domenica 4) i Ruzzi della Conca presentano l’evento più atteso: la finale della palla al bracciale, tra il Granocchiaio e un’altra contrada che uscirà dagli spareggi conclusivi, in programma a partire dalle 16.30. Prima ancora, intorno alle 15, ci sarà una sfilata storica in costumi stile anni Venti del 1900 e immediatamente precedenti, quando Chiusi iniziò ad ampliarsi e a crescere fino alle dimensioni attuali. Saranno rappresentate anche le attività artigianali, industriali e agricole che hanno fatto la fortuna di questo centro. In serata, come al solito, saranno in funzione il ristorante e lo Speluzzico, con il meglio della settimana.
Nell’area spettacolo, serata di ballo da sala con Alessio e Sapori di musica. Alle 23 estrazione del gioco “Ruzza e vinci”, premiazione della sfilata e della corsa del maiale. Il terzo memorial Andrea Betti andrà al miglior giocatore del torneo.
La palla al bracciale è la riscoperta di un gioco antico, simile al tennis, che qui veniva praticato nei pressi della fortezza almeno dal XVII secolo. Si gioca con un maglio in legno sagomato, dove si inserisce la mano che serve a colpire la pallina, messa in gioco da un mandarino che la lancia al battitore (il giocatore di fondo campo). Completano il terzetto dei giocatori la “spalla” e il “terzino”. Le regole sono quelle del tennis, salvo per il punteggio: si gioca al meglio dei 12 punti, con la finale a 16. Ai vincitori andrà una conca di rame.
Il gioco del pallone col bracciale, derivato dalla pallacorda, cominciò ad affermarsi in Italia già a partire dal XVI secolo e per più di quattro secoli è stato il protagonista indiscusso degli sport sferistici nella penisola italiana, almeno per quanto riguarda l’Italia centro settentrionale, fino a toccare nel XIX secolo i vertici massimi del consenso e della popolarità, divenendo un elemento unificante e rappresentativo della nuova nazione italiana in qualità di sport nazionale. Notevole impulso a questo sport diede la Toscana, tanto che una specialità di gioco era chiamata anche bracciale grande o toscano. Un impressionante numero di giocatori professionisti erano toscani, basti pensare che nell’Ottocento un comune come Poggibonsi contava, come racconta De Amicis, ben diciassette pallonisti di professione: inoltre a questa regione si deve soprattutto il merito di aver dettato, agl’inizi del XIX secolo, le nuove regole di gioco che contribuirono alla trasformazione del pallone da passatempo o gioco di piazza a vero e proprio spettacolo pubblico
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