La sensazione di essere sempre in via di aggiornamento è comune a molti, come accade per i software anche noi umani viviamo in beta permanente che, nonostante il nome, non ha niente a che fare con il betacarotene, fonte di vitamina A.
Cito wikipedia.
Con il termine perpetual beta si indicano quei progetti software che vengono aggiornati in maniera pressoché continua, tanto rapidamente che non esiste più la distinzione tra versione di test e quella di versione di produzione.
Eventuali errori vengono corretti rapidamente, così come vengono aggiunte a ciclo continuo nuove funzionalità, questo fa sì che i bug vengano comunque risolti, ma ad ogni revisione ci siano delle novità.
Che ne siate coscienti o meno questa condizione è comune a molti giovani che cercano di entrare nel mondo del lavoro e anche a tantissimi non più giovani che cercano di rimanerci, nel mondo del lavoro! Homo Homini lupus!
Come per i software anche noi per la nostra carriera lavorativa siamo costretti a vivere costantemente in versione di prova BETA PERMANENTE, quella che tende alla revisione dei propri bug e al raggiungimento di una versione finale che però non arriva mai…
Cambia il mondo del lavoro e si aggiungono competenze, aumenta la competizione e ci rimettiamo in gioco, cambiamo, ci evolviamo tutte le volte che cambia il vento e il datore di lavoro.
A questo proposito qualche giorno fa mentre ero in macchina destinazione la campagna senese, complice il caldo e una voglia improvvisa di scampagnata, il mio amato fidanzato mi ha fatto fare una bella doccia gelata
Stavamo parlando degli impegni del nuovo anno, dell’iscrizione al nido, del fatto che a settembre rinizio una nuova collaborazione oltre a quella che ho già.
Settembre è sempre il momento degli inizi, del riprogrammare del ripartire.
Tutto viene rimandato a settembre come se i mesi estivi fossero una parentesi calda nelle nostre vite.
Pensavo a voce alta del mio riprogrammare le giornate perchè non prendiamoci in giro… il carico familiare ricade su noi, Costole. E mentre continuavo il mio monologo organizzativo il mio, fino a quel momento silente compagno di auto, mi dice: << Cecilia quando hai intenzione di darti degli obiettivi concreti nella vita? Non fai altro che galleggiare!>> Una doccia fredda, neanche troppo gradita, nonostante i 30 gradi all’ombra!
Questa espressione del galleggiare mi è stata ripetuta per anni per indicare il fatto che passo da un lavoro precario ad un altro senza nessuna certezza e anche se odio l’espressione galleggiare ogni tanto mi sento effettivamente una barca. Qualche giorno incontro onde alte, qualche giorno calma piatta.
Quello che non sopporto non è lo stato d’ incertezza in cui vivo e al quale mi sono abituata, ma il senso di colpa che il resto del mondo mi innesca per il fatto che non sono stata ancora capace di trovare un lavoro fisso. Come se fosse una scelta.
È vero… Faccio il lavoro che mi piace e per il quale ho studiato 5 anni di università e non mi sento di aver perso tempo, ho provato, ho tentato e continuo a farlo. Invio cv, faccio concorsi, cerco di non perdermi niente, ma non sono arrivata ancora al punto di depennare la laurea e il master dalla mia formazione.
Un obiettivo concreto me lo ero posto e in tempo ero riuscita a raggiungerlo.
Siamo sbagliati noi o è sbagliato il mondo che ci costringe a sentirci come se avessimo sempre bisogno di migliorarci, di essere perfetti, di aggiornarci, di vivere in beta permanente per restare sempre con il vento in poppa?
Se questo vuol dire galleggiare, almeno non ha detto affondare.