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Stephen King… sì, mi piace!

Da alcuni giorni, dopo delle riflessioni su un certo film che ha vinto un certo premio, mi è venuta voglia di scrivere di un autore che non solo mi piace, ma che ha segnato in modo indelebile la mia vita, almeno quella di lettore: Stephen King.

Non voglio parlare della sua vita (basta digitare il suo nome in un qualsiasi motore di ricerca per trovare milioni di pagine sulla sua biografia) o di un libro in particolare. Ho voglia di scrivere del “Re” perché suo è stato il primo libro che ho letto ed è stato proprio quel libro che mi ha fatto capire che potere si nasconde dentro le parole. Ricordo ancora lo stupore, dopo il punto di chiusura, per quello che avevo letto, per la storia che si era dispiegata davanti ai miei occhi di bambino. E il primo pensiero, forse un po’ irrazionale e perfino ingenuo, fu un urgente “Mio dio devo fare qualcosa!” che poi mi ha portato ad amare la parola stampata, in tutte le sue molteplici e infinite sfaccettature e a dedicarmi alla scrittura con costanza e, perché no? con determinazione.

Da quel giorno i libri di King sono stati un costante punto di riferimento, dei compagni preziosi e fedeli che solo raramente mi hanno deluso.

Ricordo della scossa ricevuta quando il piccolo Danny Torrance riesce a parlare per l’ultima volta con suo padre Jack in Shining; o di quando, alle prese con la peste de L’ombra dello scorpione che stava spazzando via l’umanità, provai una fitta allo stomaco nello scoprire che lo sceriffo di Soho ero morto, ucciso da “Capitan Trips”. Sono morto di paura leggendo dei vampiri che infestavano Jerusalme’s Lot. E ho compiuto un viaggio meraviglioso nel Medio Mondo con Roland di Gileand, l’ultimo dei romantici, l’ultimo pistolero.

Dato che non m’importa niente della critica e di quello che possono pensare gli addetti ai lavori, io lo reputo uno degli scrittori più grandi di sempre, un uomo partito da zero e che è riuscito a influenzare l’immaginario d’intere generazioni di lettori e appassionati di cinema: chi non ha presente il volto di Jack Nicholson che si affaccia dalla porta sfondata a colpi d’ascia nel capolavoro di Kubrick?

A molti non piace, per altri è troppo prolisso e affetto da una grave forma di megalomania. C’è chi definisce i suoi libri spazzatura commerciale che non scuoterà le cose come hanno invece fatto altri scrittori “impegnati” e che sono insegnati a scuola.

Come ho già detto, ci sono alcuni suoi libri che mi hanno convinto poco, specie quelli dell’ultimo periodo (The cell e Joyland sono i primi che mi vengono in mente), tuttavia l’universo creato da King è sempre un luogo accogliente dove si può far sempre affidamento sugli incubi che lo popolano. Una realtà complessa e articolata che riesce a regalarmi delle ore di pura evasione da un mondo fatto di mostri economici, politici e sociali che ci stanno divorando un pezzetto alla volta.

Se non altro, con quelli di King, è sufficiente chiudere il libro per mettersi in salvo.

 

Stefano Milighetti

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