Niente di nuovo sul fronte occidentale è considerato un simbolo della letteratura pacifista.
Un libro che racconta la storia della guerra, anzi, di quella che avrebbe posto fine a tutte le guerre.
La Grande Guerra vista attraverso gli occhi del soldato Paul Börner, spinto da Kantorek, il suo insegnante, ad arruolarsi come volontario. Per fare parte così della “gioventù di ferro”, anche se Paul scoprirà che quella raccontata dall’insegnante è soltanto vuota retorica che non ha niente a che fare con la realtà, impregnata di dolore, sofferenza e morte.
Una retorica cantata da chi è al sicuro, lontano dal fronte e dall’inferno della trincea.
Al riparo dai bombardamenti e dai gas venefici.
Le battaglie, gli assalti attraverso la terra di nessuno, la paura e il legame con i compagni, prima di scuola, adesso d’armi, falciati da un nemico che sembra imbattibile e letale.
Momento di profondo impatto è il ritorno a casa di Paul per una licenza. E quando il soldato arriva dove è cresciuto, si trova in un ambiente che non è cambiato, dove l’unico segno tangibile di un conflitto mondiale è il razionamento alimentare che grava sulle famiglie. Al protagonista però appare del tutto alieno rispetto a quella follia chiamata guerra, della quale ormai non può più fare a meno, e la città dov’è cresciuto, dove vivono sua madre e sua sorella, dove ci sono le persone che lo conoscono e gli vogliono bene, gli appare vuota e inconciliabile con il suo spirito.
Pubblicato per la prima volta nel 1929, Niente di nuovo sul fronte occidentale è il capolavoro di Erich Maria Remarque, il quale nel 1916 fu costretto a interrompere gli studi perché chiamato alle armi. L’anno successivo il futuro scrittore sarà inviato con la sua compagnia nel settore nord-occidentale del confine tra Germania e Francia, teatro della sanguinosa “Battaglia delle Fiandre”.
Sarà questa un’esperienza che lo segnerà per tutta la vita, e che Remarque cercherà di esorcizzare attraverso la scrittura: “…soffrivo di continue depressioni […] le ombre della guerra gravavano su di noi sebbene non ne fossimo consapevoli. Quando me ne resi conto iniziai a scrivere di getto…”.
In questi tempi turbolenti, di disagio politico e sociale, economico e culturale, il libro di Remarque è un’ottima lettura perché ricorda a ognuno di noi che nella storia dell’umanità ci sono sempre stati momenti “duri” e drammatici. Niente di nuovo sul fronte occidentale permette di focalizzare la propria attenzione su ciò che conta davvero, e mettere in secondo piano quello che, all’apparenza indispensabile, è frivolo e di nessuna utilità.
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Niente di nuovo sul fronte occidentale,scritto da Stefano Milighetti,mi ha indotto a riflettere sulle distanze incolmabili tra realtà crude,terribili,come le guerre, e del resto tante altre tragicità,e realtà che per motivi o di spazio o ti tempo o "psicologici"non vivono direttamente tali eventi;al punto che ,relativamente,possa apparire vuota ,perchè inconciliabile,la vita di chi ,non coinvolto direttamente,continua o ricerca una quotidianità"tranquilla", e possa essere considerata un assurdo,una inutilità,la guerra stessa e ,come essa,una serie di violazioni.E' un tema caro alla grande letteratura ,ed anche al grande cinema,la narrazione degli eventi dolorosi che si sviluppano ogni qual volta si manifestano guerre ,l'Entità Male,pesti,epidemie;
esse mirano ad invalidare lo stesso concetto di esistenza,a neutralizzare quei più che invece con coraggio e spirito di resistenza continuano a credere ed a ricercare attraverso la dignità,seppure un una quotidianità estremamente semplice,la VITA.Lucia Bianchi.