Quella di La Strada è una lettura impegnativa.
E alla fine, dopo il punto che chiude questo incredibile romanzo di Cormac McCarthy, si capisce perché nel 2007 si è meritato il premio Pulitzer per la narrativa.
Ma andiamo per ordine e parliamo prima della trama, come sempre scarna per non rovinare il piacere della lettura: padre e figlio, diretti verso sud, viaggiano lungo le grandi strade americane, attraverso un mondo distrutto dove, come scrive McCarthy, ben presto non rimarrà in piedi un solo albero e, alla fine, anche la morte verrà uccisa.
Un mondo oscuro, fatto di polvere e fuliggine. Violento e spietato.
Il mondo dopo l’apocalisse.
Una realtà desolata e piena di pericoli che sembra avvicinarsi a quella condizione originaria temuta dal filosofo Hobbes, dove vige lo spietato principio dell’Homo homini lupus.
Un viaggio infinito, scandito dall’estenuante ossessione quotidiana del cibo, caratterizzato da incontri brutali, come nella grande casa sulla collina, rifugio di cannibali che imprigionano, come tante bestie da macello, le persone nello scantinato
Un viaggio usato da McCarthy come una tela dove dipingere il rapporto tra padre e figlio. Un legame intenso e a due direzioni perché, se da un lato il bambino dipende dal padre per il cibo, il calore, la sicurezza, anche l’uomo è saldamente legato a suo figlio: in un mondo dove tutto sta morendo, il bambino diventa simbolo della speranza stessa. Il riflesso della parte migliore e “buona” presente, indipendentemente da tutto, in ogni persona: l’amore reciproco che soltanto due esseri umani sono in grado di darsi.
Il finale è di quelli che fanno stringere lo stomaco, ma che si adatta perfettamente al romanzo, senza nessuna travata buonista che avrebbe fatto a pugni con quello raccontato in precedenza.
Un finale amaro dove la forza, la potenza del legame tra padre e figlio si delinea con chiarezza, dimostrandosi indissolubile e capace di superare ogni barriera. Anche quelle che possono apparire definitive e irreversibili come la morte stessa.
Nel 2009 dal romanzo di McCarthy è stato tratto l’omonimo film di John Hilcoat con Viggo Mortensen e Charlize Theron.
Da leggere.
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Uno dei libri più belli e, allo stesso tempo, amari e angoscianti che ho letto che, come giustamente hai scritto, ha ampiamente meritato il Pulitzer. Uno scenario post-apocalisse di una desolazione e di una disperazione che trasuda in ogni singola pagina, in ogni singola descrizione.
Spero di vedere, quanto prima il film, augurandomi sia bello almeno la metà del libro.
Un capolavoro che tutti, prima o poi, dovrebbere leggere nella vita...