È notizia di questi giorni l’arrivo della carne chianina all’interno della più famosa catena mondiale di fast food. Gli hamburger di chianina sono i protagonisti di un’offerta speciale che intende promuovere il consumo di carne di qualità e le eccellenze di un territorio, come già accaduto in passato con altri prodotti. Si tratta di un’iniziativa ambigua, se osservata al di fuori dai consueti canoni economici.
Da una parte la multinazionale del fast food si dimostra attenta ad adattare i propri prodotti ai clienti e ai territori, rispettando le differenze culturali. Viene quindi abbandonato un concetto di globalizzazione ormai sorpassato che rendeva tutti i popoli uguali tra di loro, uniti dallo status di consumatori nei confronti di prodotti tutti uguali e senza alcun valore oltre a quello economico.
D’altra parte, però, alimenti come la chianina fanno parte di eccellenze territoriali che cercano di promuoversi a livello internazionale attraverso il Made in Italy, lo slow food, la biodiversità, il mangiar sano e l’alimentazione di qualità. La presenza della carne chianina all’interno di una catena di fast food, se non pone delle riserve sulla qualità della carne utilizzata, perlomeno pone dei seri dubbi sull’utilità di un’operazione del genere per la tutela dei valori appena citati.
Il punto focale della vicenda è però, a mio avviso, l’utilizzo dei paesaggi della Valdorcia e di una scenetta artefatta con dialetti imprecisi per lo spot pubblicitario dell’hamburger di chianina. La vendita di un prodotto diventa quindi la vendita di un territorio e di un modo di vita, utilizzati come strumenti di promozione dell’offerta speciale.
Qualche anno fa la Valdichiana, e per la precisione Montepulciano, furono protagonisti di una scelta simile: la cittadina poliziana venne preferita a Volterra per girare le scene del film “New Moon”, poiché più simile all’immaginario collettivo di turisti e spettatori stranieri rispetto alla vera Volterra. Ma il regista stava perseguendo un fine artistico, e lo spettatore di un’opera di finzione narrativa ricorre continuamente alla sospensione dell’incredulità per godersi appieno la storia che gli viene raccontata, perdonando certe scelte stilistiche.
Nel caso della chianina, invece, il fast food persegue un fine commerciale: sta vendendo un prodotto, e indirettamente un territorio. Cambiare la location di un set pubblicitario non è soltanto una strategia commerciale, ma anche una svendita non autorizzata del nostro territorio. La Valdorcia si vende meglio della Valdichiana, all’estero, quindi utilizziamo le immagini della Valdorcia per promuovere la Valdichiana, anche quando si parla di carne chianina? Dovremmo forse fare lo stesso per le altre eccellenze enogastronomiche, o per le altre attrazioni del nostro territorio?
Quello che non vorrei, di fronte a un episodio di questo tipo, è il silenzio da parte degli abitanti della Valdichiana. Che il vostro giudizio sulla chianina al fast food sia positivo o negativo, avete il diritto di esprimerlo, poiché la promozione del nostro territorio non è una merce da svendere con noncuranza.
Alessio Banini