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Tonino (Racconto)

Tonino era un giovane di poco più 17 anni, da poco aveva smesso i pantaloni corti dei giovani e camminava per Piazza Carità, come tutti camminava rasente il muro, no che avesse rubato o ucciso, ma di quei tempi appena si udivano gli stivali dei tedeschi potersi trasformare in un camaleonte e confondersi con il muro pareva di essersela cavata. E invece quella mattina per lui non fu così, fu preso insieme a tutti gli altri, spintonato, urtato, e messo sul camion, stavano tutti ammassati, nessuno di loro aveva il coraggio di parlare, molti piangevano e vedere uomini adulti piangere di un sommesso  pianto disperato faceva veramente male.

Ora  il camion era strapieno e si mise in moto, si guardarono, si stringevano gli uni agli altri, la paura era diventata un sentimento solido tanto che si poteva affettare  come un salame, qualcuno timidamente cercava di darsi un contegno di persona saputa. “Vedrete, ci tengono solo per accertamenti, appena vedono che non siamo ebrei ci lasciano andare”.

E altri: “ma che ne sai tu? dicono che ci bruciano vivi, fanno uno strato di legna, poi uno di stronzi come a noi  poi uno di legna, un altro di stronzi  fin sopra a tutto e ci danno fuoco”

Qualche padre di famiglia sorpreso con il figlio gli tappava le orecchie e diceva.. “ma che dite, andiamo tutti a lavorare”  e poi rivolto al figlio “Gennarì mi raccomando non dire mai che sei stanco, ma lavora più degli altri se no non ti fanno mangiare”

Arrivarono al campo, furono fatti scendere, furono divisi i padri dai figli, i giovani dai vecchi, i malati dai sani, li fecero sedere a terra e li rimasero per tutto il giorno, poi verso sera i malati furono portati via, dissero in ricovero, ma dopo poco si sentirono le mitragliette e qualche urlo tipo “Viva la libertà” e poi un gran cupo silenzio, i vecchi partirono per prima, il camion e poi il treno, per la Germania, a far che non si sapeva o meglio non si voleva pensare.

Il nostro giovane Tonino con le spalle al muro quasi fosse stato incollato per la paura di esser portato via, guardava tutto, cercava di capire, eppure quella mattina non voleva scendere in strada, ma poi per una strana ragione vi scese, stava in silenzio, aveva paura anche di respirare come se il suo respiro potesse allertare il tedesco di guardia e fargli imbracciare la mitraglietta per sparare.

Poi  appena albeggiava fu la volta degli uomini, dei padri di  famiglia, alcuni si girarono per vedere l’ultima volta il proprio figlio altri tentarono una ribellione ma furono colpiti con il calcio dei fucili e issati sui camion, qualcheduno rimase a terra, in una pozza di sangue, poi venne un gerarca , guardò i giovani rimasti , ne indicò 3 o 4 ,tutti gli altri sul camion con i padri di famiglia.

Tonino e gli altri pochi giovani scelti su una camionetta più piccola e la carovana partì per il nord Italia.

Ogni quattro o cinque ore era la sosta, Tonino  con i compagni dovevano fare rifornimento di acqua, lavare le stoviglie e soddisfare ogni richiesta dei tedeschi, uno di loro non pote’ accontentare il tedesco, voleva che cantasse O SOLE MIO ma la voce non gli uscì, la sua gola si era pietrificata per la paura ma da quel momento non ebbe mai più paura, rimase immobile sull’erba bagnata dalla rugiada del mattino, gli occhi rivolti al cielo come per aspettare un miracolo che non venne mai e un foro nel petto da dove gli usciva del sangue. Tonino imparò subito la lezione, ubbidiva ancor prima che il comando prendesse forma, anticipava e assecondava i capricci di quei padri di famiglia che avevano dimenticato chi erano per diventare carnefici.

Tonino non sapeva ancora che nella disgrazia era stato fortunato, quella camionetta viaggiava più lenta perché carica di chissà quale tesoro  e non manteneva il passo con la carovana, ma sempre qualche km di distanza, e poi tonino e i suoi amici potevano anche mangiare a differenza di quelli sul camion, potevano raccogliere gli scarti della cucina da terra e mangiarseli, (da quei terribili giorni Tonino non è stato più capace di mangiare   patate). E poi ebbe l’idea, la carovana era arrivata dopo Bologna, dovevano sostare qualche giorno, aspettavano altre camionette , Tonino si guardò intorno, cercò di studiare la zona , aveva ormai preso la sua decisione, ne parlò quella notte con il suo giovane e disgraziato compagno di sventura:

Tonino “hai capito Mario, quando andiamo a prendere l’acqua all’alba noi ce ne scappiamo”

Mario “Tonino non si può fare, quelli ci guardano ci accirno”

Tonino “Mario ma secondo te dove ci portano? mica a fare una gita di piacere? Chist semp’ ci accirn, io domani me ne scappo, vieni pure tu, ma quando li senti fa finta di niente, non ti girare e scappa, scappa sempre”

E così all’alba i due giovani presero i secchi e si incamminarono verso il fiume, riempirono i secchi, poi si guardarono intorno, misero i secchi a terra e incominciarono a scappare, quasi subito si sentirono le voci  dei tedeschi, poi colpi di fucile, Mario si bloccò, non fece più neanche un passò, alzò le mani in segno di resa e non si girò, raggiunto dai tedeschi fu colpito da una scarica in pieno petto, tonino nel frattempo continuava a correre, sentiva il cuore che batteva forte, non si girava, sapeva che avrebbe perso tempo,il digiuno di quei giorni gli annebbiava la vista ma sapeva che doveva correre , poi senti un calore straordinario all’interno coscia , ma correva sempre e poi cadde lungo un burrone, sentiva in lontananza la voce dei tedeschi ma lui zitto , non un lamento lasciò la sua bocca e poi perse conoscenza.

Si svegliò a notte fonda, tutto era buio, aveva un dolore alla coscia si toccò, era stato ferito aveva perso sangue, non sapeva quando ma la coscia era bollente, si mise a sedere, cercò di capire dove stava ma erano zone a lui sconosciute, si appoggiò ad un albero ed aspettò che albeggiasse, doveva vedere dove mettere i piedi, dove stavano i tedeschi e soprattutto la sua ferita.

Finalmente si fece giorno, capì di stare in un avvallamento del terreno, provò ad alzare il capo, nessuno in vista e incominciò a camminare, fu costretto a fermarsi molte volte ,la ferita gli faceva male ed in più doveva avere la febbre, mangiò qualche mora ,e si nascondeva nella sterpaglia al più piccolo rumore, cercava di viaggiare quasi sempre al tramonto, usava le stelle per un minimo di orientamento ,ma la febbre della ferita e il lungo digiuno ebbero ragione di lui, cadde , si rialzò, cadde di nuovo e di nuovo si rialzò per cadere un’altra volta e non rialzarsi più.

Quando si risvegliò stava sotto alla paglia ,non aveva i pantaloni ma la ferita era stata pulita e bendata, capì in quel momento di poter fermare per un attimo i suoi pensieri, infatti i carnefici non puliscono le ferite e le bendano, aspettò non sapeva neanche lui quando tempo ,poi un ragazzino poco più grande di lui si fece vedere , gli domandò come stava passandogli un tozzo di pane e del formaggio.

Tonino  divorò tutto con una velocità impressionante, poi bevve dell’acqua nel frattempo il suo salvatore Andrea  gli disse che la sua  mamma lo aveva trovato lungo il sentiero e che lo aveva trascinato per terra tirandolo per il braccio, era stato con la febbre per tre giorni e che si trovavano a Foggia.

Tonino era andato a scuola , sapeva Foggia dove stava ma non sapeva lui come ci era arrivato,cercò di alzarsi ma Andrea lo trattenne, disse ::qua i tedeschi già hanno razziato tutto, è da una settimana che non si fanno vedere e poi sulla collina ci sono i partigiani, puoi stare ancora qui mentre la ferita non si sana, sai c’è mancato poco che non ti castravano, un poco più sopra e non eri più maschietto . e Andrea si mise a ridere a crepapelle, guardandolo anche Tonino iniziò a ridere e rideva di vero cuore,

stette con Andrea per quasi una settimana, si riprese e iniziò il suo viaggio di ritorno verso Napoli. Durante il viaggio incontrò tanta brava gente, tutti cercavano di sfamarlo come si poteva in quei giorni terribili, ogni tanto Tonino pensava a Mario e alla sua paura, forse se avesse corso come lui ?

fu un viaggio lungo, arrivò a Napoli che già era stata liberata dagli americani , andò da prima a casa del suo amico Mario, vi trovò solo donne e diede la sua terribile notizia, poi cercò della sua famiglia

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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  • un fantastico esempio di scrittura creativa e sapienza narrativa. Una bella storia che andrebbe riletta più volte, un plauso grande all'autrice

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Michele Lupetti

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