Nella notte tra l’8 e il 9 maggio di trentasette anni fa veniva assassinato Peppino Impastato, attivista e giornalista originario di Cinisi che dedicò tutta la vita alla lotta contro la mafia. Il giorno seguente, Peppino è il suicida, il terrorista ucciso dal suo stesso tritolo sui binari del treno. Ci vorrà quasi un quarto di secolo perchè venga fatta giustizia e la mafia venga ritenuta la responsabile del delitto alla parola. Oggi, a distanza di anni, la lotta contro la mafia non è ancora estinta, ma la parola di Peppino è viva, nei giornali, nelle scuole, nelle tv e nel fumetto di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso.
‘Peppino Impastato, Un giullare contro la mafia’, edito da Becco Giallo – casa editrice sempre attenta, produttrice di fumetti di impegno civile – racconta l’ultimo anno di vita del giovane di Cinisi dalla personalità audace che cercò in tutti i modi di annentiare quella ‘montagna di merda‘ chiamata mafia.
Nel programma radiofonico Radio Aut, insieme a Salvo Vitale e Faro Di Maggio, il sistema parassitario viene denunciato per i troppi traffici illegali e accusato di collusione con la politica; Peppino fa nomi e cognomi, svela per la prima volta i tabù della mafia, senza reticenze e con grande ironia. Tano Badalamenti, capo mafioso, viene schernito e ridicolizzato, e in poco tempo la radio ha grandi ascolti; Peppino, ostinato, firma la sua condanna a morte, che non tarda ad arrivare.
Dopo un’efficace introduzione di Lirio Abbate, cominciano i disegni e i fumetti, tra flash back e opportune espressioni dialettali. Fortunatamente, per tutti i non-siciliani, alla fine del racconto fumettato una pagina è dedicata al ‘Glossario’, che chiarisce alcuni termini di dubbia interpretazione. La lettura è sicuramente nostalgica: la fine la conosciamo tutti e c’è la volontà di leggere a oltranza le prime pagine, scherzose e piene di vitalità e speranza. L’atmosfera è quella giusta e le rappresentazioni grafiche ben si accordano con i dialoghi, emozionanti quanto reali.
Una bella sceggiatura, non c’è che dire, in cui spicca la figura fantasiosa e determinata di Peppino, come sinonimo di impegno civile, accanto a quella della dilagante società mafiosa, in un clima di totale omertà e indifferenza. Il ‘dietro le quinte‘ di Marco Rizzo e le interviste a Giovanni Impastato e Salvo Vitale contribuiscono a impreziosire tutta l’opera che risulta così essere un vero e proprio omaggio e un inno alla libertà. Pare di vivere tra i copioni de I cento passi, ed è meraviglioso.
Rebecca Romanò
“Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare!”
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