“Pressorè, ma lei che musica ascolta?”
Glisso sulle ultime sonate di Beethoven e le sinfonie di Mahler. Se non sbaglio, avevano nominato musica latina ballabile poco prima. Mi butto: “Dalla pizzica al tango”, rispondo fiduciosa. Sguardi vacui, neanche stessi spiegando la deriva dei continenti. Correggo il tiro: “De Andrè [in fondo c’è la piazza omonima qua vicino, ci si saranno dati appuntamento qualche volta], Paolo Conte [ha scritto Azzurro, chi non la conosce], De Gregori [ma vostra madre non vi ha mai cantato Buonanotte Fiorellino?], Guccini [persino i miei figli conoscono il Don Chisciotte]”.
Niente, sguardi sempre più impenetrabili. Riprovo: “I Queen…”. Nessuna reazione. Comincio a sentirmi come uno di loro all’interrogazione “cioè, tipo, come posso dì… nun me vie’ la parola”; farfuglio, mentre cerco altri nomi appetibili. Quale sarà la risposta corretta? Trovato: “Vasco Rossi” forte, eh? Uno tosto, con musica che piace ai giovani sicuramente… “Sì, sì…-continuo- Vasco e poi Samuele Bersani”. Si scambiano un’occhiata, espressioni deluse… un quattro non me lo toglie nessuno. “A pressorè, ma è tutta musica di una volta… questi sono vecchi!”. Balbetto mentre cerco di ribattere. Con una vocina miserevole imploro: “Ma Bersani ne ha scritta una ora ora, tutta nuova… [scuotono la testa]E voi cosa ascoltate?” A parte la monnezza latina, non si sa se peggiore nella forma o nel contenuto. Me lo dicono sicure. “Come?”. Lo ripetono, con fare ovvio. Dopo un paio di volte in cui, oltre che vecchia rischio di apparire anche sorda, annuisco con un “ahhh” carico di saggezza: ecco, ascoltate lui (o loro, o lei…ma che hanno detto?), certo, quello sì, ora tutto si spiega. (Mah).
Loro però mi hanno ascoltato quando parlavo. Una ragazza continua a rimuginarci e poi, mentre sgranocchia la merenda, mi fa: “Pressorè, ma Bersani non è quello della Lega?”. Ammetto la sconfitta.
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Giorni fa, pensavo al magnifico periodo tra la fine degli anni 60 e gli anni 70 e mi chiedevo, come mai la musica di quei tempi, è rimasta intramontabile? Come mai la musica di oggi, seppur tecnicamente molto superiore, non lascia le stesse emozioni di allora?
A quei tempi dentro le note esisteva un'anima, che nasceva dai sogni e dalle utopie di un'intera generazione, dove le speranze sembravano diventare certezze e la musica di allora ne era il legame che univa razze e culture diverse tra loro.
Oggi purtroppo non è più così, i sogni e le utopie hanno perduto la gente e le certezze di un tempo sono diventate solo deboli speranze.
La musica è uno specchio dell'animo umano e quindi ora anche se di ottima qualità, resterà soltanto un virtuoso alternarsi di note e di suoni, finché un giorno, qualcuno ritornerà a sognare ancora........
Il divario generazionale è sempre più ampio e comincia sempre prima... la musica, il modo di vedere, guardare e percepire taluni eventi, fatti culturali, sociali e umani sembrano inconciliabili e così tanto alieni gli uni per gli altri, dimostrando che forse è davvero tutto relativo: quello che è così scontato per alcuni è un enigma per altri. Complimenti Loredana, hai affrontato un tema complesso in maniera impeccabile e con la semplicità di chi sa far volare la penna con disinvoltura sulle pagine della vita.