In occasione di una data significativa come quella di ieri – Bicentenario verdiano – il Direttore se ne è uscito con un bel fondo sul fatto che la musica è una e che tra la classica e la leggera non ci sono poi distanze siderali, anzi sbagliano gli estremisti di entrambe le parti (la classica? che noia! oppure il pop? che volgarità). Io mi ero accontentato di un misero “Viva Verdi!” come status, ma tant’è, mi vedo invitato a fare qualche appunto sulle sue considerazioni.
- Sono convintissimo che la musica è una, e l’ho ripetuto più volte nelle corrispondenze scritte da Iron Brother assieme a Daniele. Ho avuto la fortuna di ascoltare tanta musica, di tutti i generi, dal folk al rock, dal metal al jazz, dall’indie alla classica, e posso dire di essermela goduta tutta. In modi e tempi diversi, ovviamente. Quindi dico no agli snobismi, e concordo con Michele.
- All’insegna di quanto detto, è chiaro che usare una parola come classica è fuorviante o poco preciso, perché dentro la musica colta sta tutta la produzione musicale tra Guido d’Arezzo e il primo Novecento (e molto altro venuto dopo). Anzitutto, in termini di generi e risonanza. Mozart ai tempi ebbe molte difficoltà a proporre le proprie composizioni strumentali, in quanto a fine Settecento l’opera lirica andava per la maggiore e le sale da concerto, persino a Vienna, scarseggiavano. La lirica era il pop di allora, quando la gente fischiettava le arie per la strada e le bande di paese proponevano fantasie operistiche nel repertorio (a differenza dei terrificanti mix di musica disco di oggi). Ancora d’accordo con il Direttore, insomma.
- Non sto a ripetere le considerazioni più che condivisibili sull’influenza di certi autori per la musica pop, che è innegabile.
Il punto che mi lascia perplesso è l’ultimo, quando si afferma che siamo scesi di livello nel corso degli anni, sia nella proposta musicale che nei gusti di massa, passando appunto da idolatrare Verdi, artista di una complessità e inventiva sconvolgente, all’attuale esaltazione di rapper come Moreno e i suoi derivati. Persone di cui probabilmente, fra 200 anni, non celebreremo alcun anniversario. Una frase di una profondità tale che starebbe bene in un tweet di Crimi o in un intervento in Parlamento dell’onorevole Fraccaro (non si offenda il Direttore). Non sto qui a dire che la musica di oggi sia migliore di quella di ieri. È ovvio che le cose non stanno così, è banale da dire. Ma la differenza, tra oggi e ieri, è che oggi conosciamo tutto lo spettro dell’arte musicale che ci circonda, e di quella di ieri sappiamo solo le cose significative. In altre parole, un ragazzo di oggi conosce tutti gli artisti del 2013, bravi e meno bravi – soprattutto i meno bravi. Probabilmente non potrà dire lo stesso della musica della generazione precedente. Non sono tutti musicofili come noi due, Michele, non tutti conoscono Piero Focaccia. Se a quel ragazzo chiedessimo cosa pensa della musica degli anni Sessanta, potrebbe dire che è bellissima, perché conosce solo i Beatles, i Rolling Stones e Piero Focaccia. Ignorando che all’epoca, quando il mercato dei 45rpm tirava, c’era tanta di quella fuffa che oggi ci rideremmo su. Esattamente come nel 2013: un po’ di qualità e molto companatico. Ovviamente, quel po’ cui faccio riferimento era incredibilmente più esteso di oggi!
Dei tempi di Mozart la maggior parte del pubblico conosce poco. Certo conosce le sue opere – che, ricordo, non sempre riscossero successo, al punto che il compositore salisburghese non trovò mai un impiego fisso in vita sua, nonostante i tentativi -, ma dei coevi che si sa dire? Di Salieri, famoso per il film e la pièce teatrale, quanta musica conosciamo? Chissà quanti Moreni c’erano al tempo. Solo che non li ricordiamo, perché la storia eterna, generalmente, i migliori, dimenticando gli scarsi.
In una vita precedente, ho approfondito gli studi classici. E ho scoperto che dell’intera produzione letteraria in lingua latina o greca, possediamo sì e no il 5%: il resto si è perso nei secoli, perché ritenuto non importante. I monaci medievali o la sorte hanno salvato Omero e Cicerone perché erano, evidentemente, considerati superiori agli altri autori non salvati. Ma ciò non significa che non ci fossero scrittori scadenti in età classica. Sicuramente avranno avuto anche loro un John Grisham, accanto a Virgilio e Lucilio.