Sabato 15 settembre si è svolta, presso la Sala Conferenze del Convento dei Frati Minori di Santa Margherita, la presentazione dei lavori di restauro della Cappella votiva ai caduti cortonesi nella Prima Guerra Mondiale presente nel Santuario. I cortonesi la conoscono bene, perché si tratta di un luogo che coniuga la devozione religiosa alla memoria civile, riportando i nomi di oltre seicento concittadini che non fecero mai ritorno in Valdichiana, pagando con la vita le decisioni prese dagli stati maggiori.
Non si tratta dell’unica realtà celebrativa della Grande Guerra esistente a Cortona: al Parterre ci sono il viale della Rimembranza (nel 2014 è stata inaugurata una targa) e il monumento ai caduti, mentre nel cimitero della Misericordia c’è un cippo commemorativo delle vittime della strage della stazione di Camucia. Ad alcuni caduti, come Giuseppe Maffei, sono state intitolate vie o piazze. Ma il sofisticato impianto decorativo della cappella a Santa Margherita è qualcosa di ben diverso, e vale la pena ricordare perché, quando e come è stata costruita.
Lo possiamo fare grazie alle dettagliate relazioni proposte dagli intervenuti: l’ing. Gian Carlo Ristori, l’arch. Paolo Vaccaro, la storica dell’arte Carla Michelli Giaccone. A introdurli, il governatore della Basilica padre Livio Crisci e il sindaco di Cortona Francesca Basanieri.
Ristori, primo promotore dell’iniziativa, è a capo dell’Associazione per il recupero e la valorizzazione degli organi storici della città di Cortona, ma si occupa da tempo anche della memoria del primo conflitto mondiale. Dobbiamo al suo prezioso lavoro di ricerca il volume Sentieri di gloria, che racconta le storie di alcuni di quei seicento.
Il suo intervento è partito dall’inizio del Novecento, quando Cortona era una cittadina prospera e in pieno sviluppo: il censimento del 1911 contava 29.659 abitanti (l’ISTAT dice che al primo gennaio del 2018 eravamo 22.057, cioè il 25% in meno). C’erano una diocesi, svariate scuole (anche superiori), due banche, la pretura, un nuovo acquedotto e le aree esterne alle mura erano state ripristinate. Il 24 maggio 1915 cambia tutto: centinaia di cortonesi chiamati alle armi e la consapevolezza che i sacrifici, i razionamenti e le incertezze avrebbero preso il posto delle speranze. Tra i caduti locali, personaggi illustri come Filippo Pancrazi, fratello del critico letterario Pietro (Altopiano di Asiago, 15 luglio 1915), e il già citato Giuseppe Maffei, compagno d’arme di Cesare Battisti (disperso il 10 luglio 1916 sul Monte Corno).
È proprio Maffei, in una commovente lettera alla sorella del settembre 1915, a ricordarci che molti cortonesi nelle trincee rivolgevano preghiere alla patrona della propria città:
Quando giunse l’ordine di avanzare, per la conquista di nuove e importanti trincee, fu così estremamente grave l’impresa, che mi vidi perduto. La pioggia delle artiglierie addivenne infernale. Umanamente non c’era più luogo a speranze: allora il mio pensiero volò, sai, alla nostra Santa Margherita e fu davvero per un miracolo da lei operato se potei scampare alla morte.
Lettera ad Oriade Maffei, L’Etruria del 10 ottobre 1915
Sappiamo bene che quando le cose si mettono male le speranze dei cortonesi sono riposte in Margherita. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, il vescovo Franciolini fece un voto affinché Cortona fosse preservata dai bombardamenti. Il risultato di quelle preghiere è la splendida (ma bisognosa di interventi) Via Crucis che collega il Santuario alla Porta Berarda, realizzata da Gino Severini.
Tornando a noi, il famèdio (cioè la cappella votiva) per i cortonesi caduti in guerra non poteva che essere edificato nel Santuario in cima alla collina. La prima pietra fu posta dal vescovo Michele Baldetti il 22 aprile 1917, prima ancora di Caporetto e in pieno conflitto. La conclusione dei lavori avverrà nel 1920.
Come ha raccontato l’architetto Vaccaro, il progetto della cappella fu affidato all’aretino Giuseppe Castellucci (1863-1939), vent’anni prima autore della facciata della Basilica. Le decorazioni erano del lodigiano Osvaldo Bignami (1856-1936), noto anche per le decorazioni nel Cimitero Monumentale di Lodi e nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Milano. Contribuirono all’opera anche ditte di Firenze (Innocenti e Mariani) e artigiani cortonesi come lo scultore Giovanni Lucarini. L’architetto cortonese Domenico Mirri, tra i più attivi promotori della costruzione della cappella, suggerì che i soldati che si vedono dietro a Santa Margherita nell’affresco principale fossero ispirati a persone reali. Ristori ha proposto un collage con le foto di questi “modelli”: il sottufficiale di marina Giuseppe Roccanti (disperso nel 1916), il tenente Pietro Pancrazi, il padre di Mirri (anni prima capomastro nella costruzione della Basilica) e lo stesso Bignami.
Ristori ha proseguito spiegando che inizialmente erano previste due scene, una raffigurante l’arrivo di Margherita a Cortona dalla Porta Berarda, l’altra con la fondazione dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia: entrambe sarebbero state scartate. Della prima è rimasto un quadro-bozzetto (qui nell’immagine), mentre dalla seconda era stato ricavato un affresco nel vecchio Ospedale, oggi sfortunatamente scomparso.
Carla Michelli Giaccone ha parlato nel dettaglio della figura di Bignami, pittore oggi dimenticato ma di una certa importanza in vita (espose alla Permanente di Brera, per esempio). Così come Castellucci, fu premiato dai cortonesi con la nomina ad accademico etrusco (nel 1916 per l’architetto e nel 1925 per il pittore). Larga parte delle informazioni sulla sua attività a Cortona sono reperibili presso l’Archivio Diocesano: tra queste, la più interessante è il compenso per il lavoro, pari a 2.000 lire. Se andiamo a convertirle con un rivalutatore storico, non viene una grande cifra: tra i 4.000 e i 2.000 euro, a seconda che sia stato pagato a inizio lavori o alla fine (dopo la guerra i prezzi crollarono).
L’impianto iconografico della cappella consiste in:
- le allegorie di Religione, Disciplina, Patria, Fortezza (medaglioni);
- i santi protettori dei militari, cioè Santa Barbara, San Martino, San Michele Arcangelo e San Giorgio (fasce laterali);
- i santi cortonesi (parte bassa) affiancati a San Francesco e San Marco;
- affresco principale, con Santa Margherita genuflessa davanti al crocifisso, attorniata da soldati e cittadini cortonesi;
- i nomi dei 600 caduti, divisi per parrocchie e comprensivi delle vittime della strage di Camucia;
- gli stemmi delle città “redente”.
I cartoni preparatori delle decorazioni, ancora appartenenti al Santuario, sono stati messi in mostra durante la presentazione.
Oltre a quelli, è stato mostrato il bozzetto originario dell’affresco principale, con una significativa differenza rispetto alla versione definitiva: la famiglia in preghiera è borghese, in contraddizione con la stragrande maggioranza della popolazione cortonese, allora prevalentemente agricola. Non è un caso che nella versione finale si raffiguri una famiglia contadina.
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Quanti furono i caduti cortonesi? I più risponderanno 600, che è la cifra tonda passata alla memoria collettiva grazie al monumento del Parterre, ma si tratta di una approssimazione. L’Albo d’oro del canonico Lazzeri, docente al ginnasio “Benedetti”, riportava 595 nomi, ed è accertato che si scelse di arrotondare la cifra definitiva durante la realizzazione del monumento (ne parla Silvia Burbi in un documentato libretto disponibile anche nella nostra Biblioteca). Se si contano i nomi trascritti sulle pareti della cappella votiva, si hanno 638 nominativi (alcuni aggiunti dopo il 1920), ma ricerche compiute personalmente dall’ing. Ristori, confrontando i dati archivistici, i necrologi dei giornali locali e altre fonti, hanno portato alla cifra definitiva di 648 cortonesi morti durante la Prima Guerra Mondiale. Al termine della presentazione, Ristori ha donato al Sindaco e al Padre Guardiano l’elenco aggiornato, affinché sia preservata la memoria.
L’ultimo intervento della giornata ha visto l’architetto Vaccaro spiegare in cosa consisteranno i lavori di restauro, resi possibili grazie al contributo della Banca Popolare di Cortona e all’intervento della ditta Magini. Le condizioni della cappella votiva sono accettabili, ma ci sono evidenti segni di umidità sulla parete di fondo, che stanno comportando un processo di degrado del colore e segni di condensa. Sarà pertanto necessario intervenire attraverso una riduzione significativa dell’umidità dell’ambiente e, successivamente, con il graduale recupero del colore. Solo così si potrà permettere a questa preziosa testimonianza di sopravvivere altri cento anni.
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Nelle prossime settimane, Radio Incontri inBlu trasmetterà sulle frequenze 88.4-92.8 FM e in streaming la registrazione integrale dell’evento.