Scartare di lato e cadere

Il Parterre di Cortona. Passato, presente e futuro di un vero “luogo del cuore”

Alle 17 di sabato 17 novembre sarà inaugurata la ricca stagione di eventi natalizi a Cortona, organizzata dalle Associazioni Lux e Signorelvis in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, Confcommercio, AF Travel Ideas, Cortona Sviluppo e la Banca Popolare di Cortona. Tra i piatti forti del ricco menù di Natale a Cortona c’è sicuramente il Winter Park, ossia il nostro Parterre addobbato di tutto punto e fornito di pista di pattinaggio ed eventi musicali.

Una scommessa vera, perché raramente il parco pubblico cortonese è stato oggetto di iniziative tanto impegnative, per tempi e arredi (ci sono le sagre estive, è vero, ma durano molto meno). Ma se c’è da scommettere, approvo in pieno, perché il Parterre è uno degli angoli più belli di Cortona e merita di tornare ai fasti del passato, quando in paese vivevano molte più persone ed era normale passare i pomeriggi o le serate sulla passeggiata.

In questo articolo mi propongo di fare un breve riepilogo di come è nato il parco e come si è sviluppato negli ultimi due secoli: una storia non molto conosciuta e piena di aneddoti interessanti, che inizia come è noto con l’arrivo dei francesi a Cortona alla fine del Settecento. Ma andiamo per gradi.

Il Parterre si può definire una “passeggiata a verde extraurbana”, perché si estende in una zona esterna al centro abitato in cui, a tutt’oggi, le abitazioni sono limitate. È tuttavia un suo carattere peculiare il fatto di costituire un prolungamento del decumano massimo, cioè l’asse Via Nazionale-Via Roma, al punto che è normale proseguire la classica “rugapianata” inoltrandosi nel parco.

Mappa tratta da Fulvio Romero, “Il Parterre di Cortona. Un esempio di giardino – passeggiata”, Calosci, Cortona 2001, pp. 38-39.

L’estensione totale del percorso, dal Monumento ai Caduti ai campi da tennis, è di 1050 m: possiamo dire dunque che la frase che ci ripetevano da bambini – “un chilometro è… quanto il Parterre” – è la verità. La larghezza media è di 12 metri.

Il Parterre nel 1884 (foto tratta dal volume “Cortona. Immagini di ieri 1857-1930” di Carmelita Setteposte, Mario Belardi e Ferruccio Fabilli, Ed. Grafica L’Etruria, Cortona 1990).

Il “pratino”. Quanti ricordi, e quanti pinoli!

I lavori al Parterre iniziarono nel primo Ottocento, in coincidenza con altri progetti simili, come il Prato di Arezzo, ultimato tra il 1807 e il 1809. Fino a poco tempo prima, giardini e parchi non erano mai pubblici, ma appartenevano alle proprietà dei privati: pensiamo ai raffinati “giardini all’italiana” o al parco dei mostri di Bomarzo. È solo in epoca illuministica, quando al concetto di “suddito” si sostituisce quello di “cittadino”, che nasce la volontà di creare spazi pubblici rivolti alla cittadinanza. Tra i primi esempi in Toscana, il Parterre di Firenze fuori Porta San Gallo (dal 1768 al 1937 un parco vero e proprio).

I cortonesi attribuiscono in genere il progetto del parco a Napoleone, forse anche per la scelta di un nome francese. Ad essere onesti, il nome parterre è più che altro un vezzo raffinato, dettato dall’influenza della lingua francese ai tempi della costruzione (un po’ come oggi diciamo meeting per “riunione”, perché le parole inglesi hanno una connotazione positiva e al passo coi tempi). Tuttavia è accertato che i francesi, venuti a Cortona in più occasioni tra il 1798 e il 1814, fecero del futuro Parterre la propria piazza d’armi, avviando anche alcuni lavori scientifici piuttosto rilevanti, come il Catalogo delle piante esistenti in Valdichiana oggi conservato nell’Archivio di Stato di Arezzo.

I lavori veri e propri furono tuttavia messi in atto con la Restaurazione, per l’esattezza dal 1817.

Adì 30 Dicembre 1816

Determinazione di Lavori a vantaggio dei poveri. Primo, […] che sia una strada per uso di camminata o passeggio fuori di Porta S. Domenico, […] opportuna per giovare agli indigenti di loro Comunità.

Come si legge nella deliberazione del Consiglio di Comunità di Cortona, la principale motivazione alla costruzione del passeggio fu l’alto tasso di disoccupazione: un po’ come Keynes e Roosevelt cento e più anni dopo, i cortonesi avevano capito che le opere pubbliche potevano contribuire a far superare i momenti di crisi (cosa che ahinoi abbiamo dimenticato al giorno d’oggi). C’era però un problema non da poco da affrontare: il convento di San Domenico.

Accanto alla Chiesa, infatti, c’era un ampio convento, fino al 1786 abitato dai domenicani e nei vent’anni successivi dai Servi di Maria. Nel 1808 le soppressioni napoleoniche allontanarono pure i serviti, lasciando il monastero disabitato. In vista della costruzione dell’arena (dove c’era il cinema all’aperto), nel 1817 furono approvate le delibere che stabilivano la demolizione degli edifici preesistenti, preservando soltanto un primo blocco, che è l’attuale casa del prete dietro le siepi.

Ad essere onesti, solo alcuni lavori furono compiuti in quegli anni: si dovette aspettare il 1842 per avere un progetto effettivo. Non a caso la Storia di Cortona di Paolo Uccelli (1835) dichiara (p. 132): «oltre la Chiesa [di San Domenico] è il pubblico passeggio, che cominciato nel 1816, si va a poco a poco rettificando ed ornando, sicché per la situazione e per le opere è per riuscire un ameno diporto».

Il progetto del 1842: “Pianta geometrica dello stato presente del piazzale di S. Domenico e del modo in cui si propone di ridurlo”.

La seconda metà dell’Ottocento fu un periodo d’oro per l’edilizia pubblica cortonese: oltre al parterre, furono costruiti infatti il Teatro, la Basilica di Santa Margherita, il Cimitero della Misericordia e molti altri edifici. Avrebbe dovuto far parte della serie anche un ippodromo, pensato come ideale conclusione della passeggiata, dove sono situati attualmente i campi da tennis. Ma cerchiamo di capire cos’è accaduto.

Il progetto per una pista di 86×66 metri fu approvato nel 1896 (consiglio comunale del 3 ottobre), quando praticamente il passeggio era stato completato. Va detto che si trattava di un’idea fin troppo avveniristica, e che il terreno roccioso dei monti del Parterre era ben poco adatto agli scavi. Si tentò di scavare parte della montagna, per desistere poco dopo sistemando alla meglio il piazzale.

Scorrendo le vecchie annate dell’Etruria, è possibile capire cosa è accaduto. Che ci fosse qualche problema, si capì abbastanza presto. Nel numero del 18 aprile 1897 si osservava che girava «una voce che il piazzale delle corse ora in costruzione sia stato riconosciuto non servibile allo scopo perché troppo piccolo. Se ciò è vero, siamo dolenti che l’inconveniente non si sia riconosciuto prima e sul semplice esame del progetto! Ora non si può piantare a mezzo il lavoro incominciato deturpando il passeggio pubblico. Si finisca in qualche modo non dispendioso e se non servirà per le corse dei cavalli servirà per altri usi». In effetti è quello che accadde.

L’Etruria del 21 novembre 1897… la vendita della Fortezza sembrava cosa fatta!

Nel Consiglio Comunale del 2 luglio 1897 (riportato nell’edizione dell’Etruria di due giorni dopo) si autorizzava «la Giunta a proseguire i lavori per completare il piazzale delle corse» e a «sorpassare la primitiva previsione di L. 8000 e giungere fino a L. 9500». Usando un convertitore storico, si scopre che da circa 34.000 € si saliva ad oltre 40.000. Pensate che negli stessi mesi si tentò di vendere la Fortezza Medicea per farne una “villa principesca” alla somma irrisoria di 5.000 lire (21.000 €)!

Il Lazzaretto oggi. Ospite speciale della foto, il cane Zoe.

Nel numero del I agosto 1897 si scrive: «sono stati riattivati i lavori pel piazzale delle corse e procedono molto spediti, volendo il Municipio vincere ormai tutte le difficoltà, terminandoli al più presto. Vi lavorano circa 80 operai sotto la diretta ingerenza del Comune. La società delle feste ha pensato intanto a provvedere i cavalli?». Non ci aveva pensato: i lavori si fermarono di lì a poco, quando ormai erano stati scavati 5.992,9 metri cubi di terreno.

Nel piazzale fu costruito tra il 1911 e il 1913 un edificio con la finalità di accogliere i degenti di malattie infettive (tanto che fu definito “Lazzaretto”). La struttura, progettata dall’ing. Domenico Mirri, non vide nemmeno un malato, e rimase senza una finalità specifica fino a quando fu riadattata a sede e spogliatoio del Tennis Club (1969). Infatti si gioca a tennis al Parterre da 50 anni esatti: fino ad allora il piazzale accolse raduni automobilistici, gimkane, gare podistiche, partite di calcio, ma rimase poco più che un grande piazzale.

Il progetto del Lazzaretto.

A questo punto occorre parlare anche degli altri angoli speciali del percorso.

Il primo è l’ex cinema all’aperto, cioè l’anfiteatro. Per vedere il cinema, le gradinate erano perfette (e speriamo che tornino ad esserlo!), ma per il teatro sono poco pratiche. Come minimo, avrebbero dovuto costruire un palco rialzato. Ma l’obiettivo del progettista Giovanni Allegretti non era un “teatro all’aperto”, né tantomeno un cinema, visto che ancora non era stata inventata la settima arte. Quella che si cercava era una prospettiva particolare, che permettesse agli spettatori di vedere tutto il rondò, cioè l’area precedente agli attuali giochi per bambini: si pensava fosse perfetta – anche questa – per le corse dei cavalli!

La Fontana dei delfini (foto da Wikipedia).

Non parlo in questa sede del Monumento ai caduti, su cui avete già letto abbastanza di recente. Posso però aggiungere qualcosa sulla bella fontana con i delfini, realizzata nel 1954 dall’artista amalfitano Ignazio Lucibello (1904-1970), cui il prof. Nicola Caldarone dedicò nel 1990 un volume e una mostra, intitolati entrambi Una tavolozza per Cortona. Lucibello era arrivato a Cortona dopo l’8 settembre 1943, per proteggere la famiglia dai disastri della guerra: qui infatti risiedeva il cognato. Prima della Liberazione, decorò le chiese di Montecchio, Cantalena, Poggioni, San Pietro a Dame e Monsigliolo, una cappella del cimitero del Calcinaio e la cappella del Palazzo Vescovile di Cortona; negli anni successivi insegnò alle Medie, al Magistero femminile e alle scuole serali di disegno, collaborando anche con il Teatro Signorelli per la realizzazione di alcune scenografie. Poco prima di trasferirsi a Roma, avendo trovato nei depositi di Palazzo Casali un amorino in bronzo privo delle gambe, pensò di ricostruirlo e inserirlo in una fontana che avrebbe abbellito il centro del rondò del Parterre: era il suo regalo d’addio alla città che lo aveva accolto in tempi tanto amari.

Fino al 1954, la fontana centrale del rondò era questa.

Una cartolina precedente il 1954. “Pindaro Salvoni”, l’editore, è citato nella “Piccola Patria” di Pietro Pancrazi come possessore di un negozio in Rugapiana a metà degli anni ’40. Ha lo stesso nome un compositore che visse effettivamente a Cortona a fine ‘800, svolgendo la professione di Maestro di Cappella del Duomo. Non ho potuto verificare se si tratta della stessa persona, ma è molto probabile.

La parte del rondò su cui si collocherà la pista di pattinaggio e su cui poggiavano i pali dello schermo cinematografico, è stata intitolata al presidente francese e grande amico di Cortona François Mitterrand nel 1997.

Gli amorini donati da Farfallino nel 1970.

La consegna della cittadinanza onoraria a John D. Kehoe, nel 1979.

Poco oltre la fontana, sulla destra, è stata collocata nel 1994 una scultura raffigurante la “colomba della pace”, scolpita dal professor John D. Kehoe dell’Università della Georgia. Visto che quest’anno ricorrono i 50 anni dall’arrivo dei primi ragazzi di Athens a Cortona, approfitto per ricordare che l’iniziativa fu merito di Kehoe e della prof.ssa Aurelia Ghezzi, cui dunque va la perpetua riconoscenza della comunità cortonese (qui un ricordo in inglese e qui un altro dell’ex sindaco Fabilli).

Da L’Etruria del 20 giugno 1897.

La storia della Casina dei Tigli inizia invece nel 1891, quando un gruppo di 240 cortonesi chiede l’autorizzazione a costruire un chiosco ad uso di chi percorreva il passeggio. Il chiosco provvisorio venne aperto, ma bisognerà aspettare fino agli anni Venti: il 5 giugno 1922, infatti, l’“Accademia del Regio Teatro Signorelli” (l’Accademia degli Arditi?) presentò il progetto per un raffinatissimo Chalet in muratura. Lo Chalet, noto poi come Casina dei Tigli, è stato sede di feste e ricevimenti per decenni. Dopo anni di decadenza, è stato riconvertito di recente in ristorante giapponese di qualità, tornando ad avere una grande clientela.

La vecchia facciata dello Chalet del Parterre nel progetto, in una foto di repertorio e in un disegno satirico del 1945 ritrovato da Antonella Scaramucci.

Meriterebbero una lunga descrizione tutte le panchine in pietra ormai rovinate dal tempo, ma certamente la più significativa è quella dell’Alberone, che ospita la pietra di fondazione di tutto il Parterre, con incisa la data MDCCCXVIII (1818, più o meno l’inizio dei lavori). L’Alberone è il simbolo del parco; un tempo, quando la morale era decisamente più bacchettona, lo si immaginava come il “limite invalicabile” tra pudicizia e immoralità, perché le coppiette che a sera si spingevano oltre erano evidentemente intenzionate a compiere gesti depravati!

Si tratta, come tutti i cortonesi sanno, di un cedro del Libano (Cedrus Libani), probabilmente di età compatibile con la data di costruzione del viale. Di fatto, alberi “esotici” come quello arrivarono in Toscana proprio nel ‘700: per esempio quello dell’Orto botanico di Pisa fu impiantato nel 1787.

Ci sono poi i Monti del Parterre, un progetto che ahinoi non ha avuto grande fortuna, ma che negli ultimi anni è lentamente tornato in funzione. Assieme al Tennis Club, costituiscono un vero e proprio centro sportivo che meriterebbe più attenzione. C’è per esempio lo spiazzo a mo’ di anfiteatro della parte che sovrasta i campi da gioco, che sarebbe perfetto per qualche piccolo concerto (Cortona Cristiana, Cortona Jazz, reclamatelo!) o esibizione teatrale.

Non c’è da immaginare molto di nuovo, perché il Parterre ha accolto nel tempo molteplici iniziative culturali, come il cinema all’aperto (tra il 1985 e i primi anni duemila) e svariati concerti: il gruppo prog Sensations’ Fix di Franco Falsini, il jazzista Giorgio Gaslini, forse anche gli Area di Demetrio Stratos (che secondo alcuni si esibirono invece al Maestà del Sasso). Purtroppo non mi è stato possibile ricostruire le date di quegli eventi, ma di uno ho le coordinate precise: i Litfiba degli esordi, il 26 luglio 1983. Non va poi dimenticato il bell’evento con Roberto Saviano il 4 agosto 2013, prima del concerto di Jovanotti in Piazza Signorelli. Dopo le prime edizioni in Piazza Garibaldi, si trasferì al Parterre la “Sagra della Bistecca”, dal 1987 accompagnata dalla “Sagra del Fungo”. Per anni il nostro parco ha accolto inoltre la Festa de l’Unità del PCI cortonese e, nel 1997, la Festa nazionale del Tricolore di Alleanza Nazionale.

A ben vedere, l’intera area sarebbe adatta a svariate iniziative culturali, che potrebbero renderlo un motore di sviluppo anziché un triste parcheggio. Ci vuole coraggio, ma sicuramente meno di quello che ebbero i cortonesi che a fine Ottocento tentarono di scavare una montagna per costruire un ippodromo. Far vivere il Parterre fuori del mese di agosto è un’idea altrettanto folle, ma in senso buono.


Le informazioni riportate in questo articolo sono state ricavate in primo luogo dal volumetto Il Parterre di Cortona di Fulvio Romero, pubblicato nel 2001 dall’Accademia Etrusca. Sfortunatamente anche il testo più completo sulla nostra città, Immagine di Cortona di Monsignor Tafi (seconda edizione Cortona 2012, per i tipi di Calosci) dedica al Parterre due sole paginette, in larga parte occupate da una foto e da una citazione di Girolamo Mancini sul paesaggio circostante. Per questo ho compiuto anche un lavoro d’archivio sulle vecchie annate de L’Etruria e su altri testi di storia locale, ma la fonte più preziosa è stato il dialogo con alcuni cortonesi doc dalla memoria lunga. Le foto recenti sono opera mia; quelle storiche sono tratte in parte dal gruppo Facebook “Vecchie foto di Cortona e Camucia“, di cui ringrazio l’amministratore Leonardo Angori.

Alessandro Ferri

Quando non si deprime, dimostra doti da intrattenitore e intellettuale della Magna Grecia. Si consola delle abituali sconfitte ascoltando quintali di musica.

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Alessandro Ferri

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