Il giorno della maturità, finalmente. Nelle scuole superiori di tutta Italia si è celebrato questa mattina uno dei pochi rituali laici sopravvissuti allo svuotamento di senso delle istituzioni – a giudicare dall’affluenza, neanche le elezioni lo sono più. La quiete dopo la tempesta, direi, citando il giovane favoloso: non mi riferisco al maltempo degli ultimi giorni, ma alle proteste che hanno accompagnato la riforma della scuola. Se sulle schede nulle del ballottaggio aretino viene citata una riforma anziché i soliti “politici che rubano”, possiamo capire che il tema è sentitissimo, e non solo dagli insegnanti.
Se il provvedimento verrà approvato in tre giorni, come vuole Renzi, o fra un anno, non lo sappiamo. Certo è che la maturità, ahinoi, rimane così com’è: un pingue e deresponsabilizzante Moloch all’uscita di scuola. A parer mio, sarebbe meglio valutare più rigidamente l’ultimo triennio di scuola, anziché concentrarsi su un unico tour de force estivo; ma non mi voglio dilungare, perché ho già raccontato il mio punto di vista esattamente un anno fa. Meglio dare un’occhiata alle tracce della prima prova (il tema) di quest’anno.
Pin si trova solo a girare nei vicoli, con tutti che gli gridano improperii e lo cacciano via. Si avrebbe voglia d’andare con una banda di compagni, allora, compagni cui spiegare il posto dove fanno il nido i ragni, o con cui fare battaglie con le canne, nel fossato. Ma i ragazzi non vogliono bene a Pin: è l’amico dei grandi, Pin, sa dire ai grandi cose che li fanno ridere e arrabbiare, non come loro che non capiscono nulla quando i grandi parlano. Pin alle volte vorrebbe mettersi coi ragazzi della sua età, chiedere che lo lascino giocare a testa e pila, e che gli spieghino la via per un sotterraneo che arriva fino in piazza Mercato. Ma i ragazzi lo lasciano a parte, e a un certo punto si mettono a picchiarlo; perché Pin ha due braccine smilze smilze ed è il più debole di tutti. Da Pin vanno alle volte a chiedere spiegazioni su cose che succedono tra le donne e gli uomini; ma Pin comincia a canzonarli gridando per il carrugio e le madri richiamano i ragazzi: – Costanzo! Giacomino! Quante volte te l’ho detto che non devi andare con quel ragazzo cosi maleducato! Le madri hanno ragione: Pin non sa che raccontare storie d’uomini e donne nei letti e di uomini ammazzati o messi in prigione, storie insegnategli dai grandi, specie di fiabe che i grandi si raccontano tra loro e che pure sarebbe bello stare a sentire se Pin non le intercalasse di canzonature e di cose che non si capiscono da indovinare. E a Pin non resta che rifugiarsi nel mondo dei grandi, dei grandi che pure gli voltano la schiena, dei grandi che pure sono incomprensibili e distanti per lui come per gli altri ragazzi, ma che sono più facili da prendere in giro, con quella voglia delle donne e quella paura dei carabinieri, finché non si stancano e cominciano a scapaccionarlo. Ora Pin entrerà nell’osteria fumosa e viola, e dirà cose oscene, improperi mai uditi a quegli uomini fino a farli imbestialire e a farsi battere, e canterà canzoni commoventi, struggendosi fino a piangere e a farli piangere, e inventerà scherzi e smorfie cosi nuove da ubriacarsi di risate, tutto per smaltire la nebbia di solitudine che gli si condensa nel petto le sere come quella.
Il saggio breve artistico-letterario, dedicato alla “letteratura come esperienza di vita” è il più ghiotto di tracce, con quattro brani e tre dipinti. Il primo estratto è un evergreen: Paolo e Francesca che, nel V dell’Inferno, si innamorano l’uno dell’altra mentre leggono.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per piú fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Il secondo estratto è un’intervista a Jorge Luis Borges, che si conclude con questa considerazione:
Non credo che la vita sia qualcosa da contrapporre alla letteratura. Credo che l’arte faccia parte della vita.
Segue un intervento del compianto italianista Ezio Raimondi, che riconosce che il lettore, sollecitato dalle infinite personalità che incontra nei libri, deve interrogarle anche alla luce della propria esistenza. Opinione simile quella di Tzvetan Todorov, secondo cui i romanzi non ci forniscono una nuova forma di sapere, ma una nuova capacità di comunicare con esseri diversi da noi; da questo punto di vista riguardano la morale, più che la scienza.
I dipinti sono accomunati dal raffigurare persone intente a leggere.
Vincent Van Gogh, La lettrice di romanzi (1888).
Henri Matisse, La lettrice in abito viola (1898).
Edward Hopper, Chair car (1965).
Il saggio breve socio-economico riguarda le “sfide del XXI secolo e le competenze di ogni cittadino nella vita sociale ed economica”, ovvero “per ottenere lo sviluppo bisogna studiare di più e investire nella ricerca”. Bellissimo questo sentirci ripetere ovvietà che poi sono generalmente disattese dalle Istituizioni.
Un tema caldissimo, nelle tracce del saggio breve storico-politico: Mediterraneo e immigrazione. Partendo dalla considerazione che il Mediterraneo non è solo storia (Predrag Matvejević), i ragazzi sono invitati a riflettere sull’importanza di consolidare i rapporti diplomatici con le realtà, pur politicamente instabili, del Maghreb. Non male come punto di partenza per una riflessione un po’ meno ignorante di quelle che abitualmente girano sui social (e nei comunicati stampa, ahinoi).
Entrambe le sponde del Mediterraneo hanno tutto da guadagnare da una situazione di maggiore stabilità, di maggiore integrazione dei mercati, di più stretti contatti interpersonali e di scambi intellettuali, economici e culturali più approfonditi.
Comunicazione congiunta della Commissione Europea e dell’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza – 17 dicembre 2012
Il saggio breve tecnico-scientifico non brilla certo per originalità, rimasticando la vexata quaestio della penetrazione delle nuove tecnologie nella vita di tutti i giorni: “lo sviluppo scientifico e tecnologico dell’elettronica e dell’informatica ha trasformato il mondo della comunicazione, che oggi è dominato dalla connettività. Questi rapidi e profondi mutamenti offrono vaste opportunità ma suscitano anche riflessioni critiche”.
Le nuove generazioni dovranno provare per l’Italia il sentimento che i nostri grandi del risorgimento avrebbero voluto rimanesse a noi ignoto nell’avvenire: «il sentimento dell’amore doloroso, appassionato e geloso con cui si ama una patria caduta e schiava, che oramai più non esiste fuorché nel culto segreto del cuore e in un’invincibile speranza». A questo ci ha portato la situazione presente della guerra disastrosa.
Si ridesta così il sogno avveratosi ed ora svanito: ci auguriamo di veder l’Italia potente senza minaccia, ricca senza corruttela, primeggiante, come già prima, nelle scienze e nelle arti, in ogni operosità civile, sicura e feconda di ogni bene nella sua vita nazionale rinnovellata. Iddio voglia che questo sogno si avveri.
Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne”, dissi. “Sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.” (…) La pace in ogni casa, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni nazione – questo è il mio sogno. L’istruzione per ogni bambino e bambina del mondo. Sedermi a scuola e leggere libri insieme a tutte le mie amiche è un mio diritto. dissi. (…) La pace in ogni casa, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni nazione– questo è il mio sogno. L’istruzione per ogni bambino e bambina del mondo. Sedermi a scuola e leggere libri insieme a tutte le mie amiche è un mio diritto.
Quanta saggezza, in queste parole. Faccio umilmente notare che il diritto all’istruzione non è solo un libro e una penna. In un paese come il nostro, c’è ancora tanta strada da fare per renderlo effettivo. Fino a quel momento, nessuna scuola sarà davvero buona.
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