Il senso di identità di ciascun individuo dipende largamente dalla conferma del Sé operata dal gruppo di riferimento principale, in genere la famiglia. Due sono le caratteristiche che risultano fondamentali per la crescita degli individui, ovvero l’autonomia e l’appartenenza. All’interno della famiglia i figli sviluppano il proprio senso di Sé come persone autonome che appartengono e possono dipendere dal gruppo di cui fanno parte.
I modelli di interazione che si strutturano all’interno del gruppo-famiglia rappresentano la matrice della crescita psicologica dei membri. La famiglia ha inizio nel momento in cui due persone si uniscono con l’obiettivo di formarla. Poiché ognuno dei due partner è cresciuto in una propria famiglia di origine, ciascuno porterà in sé la propria mappa cognitiva che dirige le aspettative circa i ruoli e le modalità relazionali adeguate da trasportare nel nuovo nucleo.
I modelli di entrambi i partner devono in qualche modo essere mantenuti per preservare il senso di Sé di ognuno, anche se i due paradigmi devono amalgamarsi per rendere possibile la crescita di tutti. In questo processo di incontro di modelli differenti nasceranno nuovi paradigmi interattivi (di compromesso o di accettazione della diversità), in modo che si crei un’unità coniugale.
Fin dalla nascita il bambino sperimenta differenti parti del suo potenziale psicologico e biologico, e la famiglia agisce da forza selezionatrice in tal senso, orientando lo sviluppo, rinforzando alcuni aspetti e scoraggiandone altri. Quando il figlio cresce entra in contatto con l’esterno, e agisce anche fuori dalla famiglia i modelli appresi nel gruppo primario, pur iniziando a conoscere e recepire input extra-familiari, che si aggiungono a ciò che già si è appreso precedentemente.
Il senso di Sé del bambino come parte del mondo è ancora mediato dalla famiglia e le sue risposte all’ambiente extra-familiare continuano a ricevere rinforzi o squalifiche dai membri del gruppo primario, rimanendo esso il sistema fondamentale che fornisce sicurezza. Le modalità interattive e relazionali del bambino cambiano lentamente man mano che cresce, dal momento che anche lui è un organismo in continuo cambiamento con bisogni, interessi e capacità in continuo divenire.
Uno dei compiti più importanti della famiglia è il mantenimento della continuità che protegge il senso di appartenenza, sapendo far fronte allo stesso tempo alle richieste di cambiamento che la crescita impone al nucleo. Lo squilibrio iniziale prodotto dalla crescita dei figli è un fattore essenziale per lo sviluppo dell’intero nucleo. La crescita impone alla famiglia di cambiare nell’organizzazione della vita quotidiana e nei modelli di interazione e relazione che erano stati funzionali fino a qualche tempo prima.
Se una famiglia non cambia, ciò è segno di rigidità, ed è in questa condizione che possono insorgere delle difficoltà al livello di uno o più membri: ad esempio alcune famiglie possono rispondere ai bisogni di cambiamento con un incremento della staticità. In un sistema di questo genere i membri non sperimentano più il gruppo-famiglia come portatore di sostegno alla crescita, ma esso diventa una “gabbia”, in cui la ricerca di alternative diventa impossibile.
Non potendo più procedere nel percorso di crescita, il sistema si blocca e le esigenze di cambiamento di un membro sono vissute come così pericolose, da instaurare un circuito sintomatico, che non fa altro che rinforzare l’impossibilità di muoversi di tutti i componenti del sistema.
E’ in quest’ottica che uno psicoterapeuta sistemico-familiare rilegge la sofferenza psicologica individuale, attribuendo ad essa una specifica funzione all’interno della famiglia. La famiglia è la più grande risorsa per attivare un processo di cambiamento e il suo coinvolgimento è fondamentale per lavorare sulla sofferenza psicologica individuale.
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