Mi chiedo come si sentirebbe oggi, se fosse ancora vivo, il povero parroco del mio paesello di campagna, quello che da piccoli ci ha “insegnato” a dire bugie perchè se a dodici anni osavi confessare un atto impuro potevi passare il sabato e la domenica a dire rosari in ginocchio da te. Mi chiedo come si sentirebbe se leggesse, come è successo poco fa a me, che esiste anche una ‘app’ per condividere i sogni. A parte che mi viene da ridere solo a immaginare la scena dell’uomo hi tech che dorme con l’iphone sulla fronte. Questa app, ovviamente fatta per condividere, appena ti svegli ha già raccontato nei tuoi social network che sogno hai fatto, sicchè arrivi in ufficio e se non ti ricordi come hai passato la notte nei tuoi sogni chiedi al collega che già sa tutto. Se il sogno è hard tutti sapranno se la donna bara sulla taglia di reggiseno, o se l’uomo mette calze dentro alla mutanda. L’eiaculazione precoce e gli orgasmi multipli diventeranno dominio pubblico, mentre scopriremo finalmente che Rocco sogna di essere nato donna e da grande fare la suora di clausura. Pare che lassù Freud stia cercando Jobs per intentargli una causa per violazione dei diritti d’autore sulle teorie dei sogni. Durante il matrimonio il celebrante ti chiede se c’è la condivisione dei beni e la risposta anche in questo caso sta nell’iphone che con una app raggruppa i bigodini della moglie agli omini del subbuteo del marito e quando i due chiederanno il divorzio basterà aprire itunes e spuntare le caselle degli oggetti per tornare a dividere i beni. Il parroco del mio paese, se fosse ancora vivo, potrebbe confessare stando zitto, semplicemente usando il bluetooth e leggendo i sogni del reo confesso che sarebbe destinato a stare giorni e giorni in ginocchio sulle panche dure della collegiata a sgranare un rosario fittizio, senza poter barare, caricato anche questo in una app che scorre a ogni preghiera leggendo il pensiero. Colonna sonora: Anxiety By Black Eyed Peas
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