Questa mattina la prima canzone che si è accesa sul mio iPod (che a quanto pare sente più di me il peso dell’età) è “Il mare d’inverno”, versione originale By Enrico Ruggeri. A risentirla bene, dopo aver pensato per tanti anni che il mare d’inverno fosse un modo per chiamare la tv in bianco e nero (sono pur sempre del 1980), ho capito la metafora della vita che esprime questa profonda poesia.
D’ora in avanti sappiate che il mare d’inverno sono “punti invisibili rincorsi dai cani” che vedono il fantasma di Pavlov ovunque. E’ anche “poco moderno” se non sai che a Sharm el Sheik ti accolgono in qualsiasi stagione dell’anno col cigno fatto di asciugamani. Il mare d’inverno è “manifesti già sbiaditi di pubblicità” di sagre del tortello maremmano e dell’anguilla a Bocca d’Ombrone. Il mare d’inverno sono “macchine che solcano le strade bagnate“, ma se non c’è nessuno al mare, lo dice sempre la canzone, non si sa chi le guidi queste macchine. Forse sono droni anche loro, droni che viaggiano come “stanche parabole di vecchi gabbiani“.
Finalmente però “passerà il freddo e la spiaggia lentamente si colorerà” di cartacce che certi incivili lasceranno dopo aver mangiato il cuore di panna di mezza mattinata. “Nuove avventure” tra i giovani pischelli che di ombrellone in ombrellone, di notte, faranno incazzare a morte Gino il Bagnino del bagno Nettuno. Il problema resta solo uno, oh mare mare, “qui non viene mai nessuno a trascinarmi via“. Caffè fumante, mi servi tu. Colonna sonora: Mare Mare By Luca Carboni