Stanotte ho sognato il primo giorno di scuola. Il primo giorno della quinta superiore. Fuori c’era il quadro con la sezione e tutti i compagni di scuola. Alcuni li conoscevo, molti no. Un rimpasto dei tanti compagni di banco passati in venti anni di studio dall’asilo alle superiori. Quinta A, anche se la classe del mio ultimo anno, quello vero, era la Terza B, perchè al classico si conteggiano all’incontrario e non l’ho mai capito il perchè.
L’angoscia più grande del primo giorno di scuola era quella dei banchi. Dove, vicino a chi, chi prima arriva prima sceglie. Oggi il banco si sceglie via facebook. Il primo che arriva condivide la foto e sui banchi tagga gli amichetti. Il compito di greco te lo passi con whatsapp e il professore non se ne accorgerà mai. La tesina la puoi fare con Wikipedia e all’interrogazione avrai l’auricolare dell’iPod che ti suggerisce tutte le risposte in podcasting. In compenso le professoresse, quelle che quando c’ero io erano giovani e stimolavano i pensieri del pomeriggio, sono diventate brutte e la supplente figa esiste solo nei film di Vitali, perchè ormai il corpo insegnanti è avvolto da una coltre tenebrosa che si chiama precariato, che se a quelli di Pomigliano questa parola fa uscire fuori le palle da tigre, per i docenti essere precari significa depressione e acidità. La scuola di un tempo dove è finita? Sono contento di aver sognato questa cosa. In genere il mio sogno ricorrente è l’interrogazione di filosofia, materia che, grazie a una di quelle docenti di cui sopra, ho odiato e dimenticato ad appannaggio di storie più complesse alla Edgar A. Poe. “Visto che non sai nulla, parlami di un argomento a piacere” – mi chiede la prof. e io rispondo a tono. “Vorrei parlare di Eraclito, che diceva che “panta rei”: ecco, quel giorno che l’ha detto il fiume deve essere stato in piena, perchè la mia filosofia è andata via col fango”. Lettura consigliata: Il mondo di Sofia By Jostein Gaarder. Colonna sonora: Compagno di scuola By Antonello Venditti (e se nasce una bambina noi la chiameremo “Roooomaaaa”)
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