Ultimamente sono nostalgico più del solito, tanto che per ispirare i miei “straordinari” dipinti mi sono messo a leggere racconti per bambini. Ieri sera sono incappato nella storia di “Fernando, il pesce azzurro”. E’ il racconto di un acciughina che sogna di essere pescata perchè è invidiosa dei branzini e delle orate che vengono trattenuti dai pescatori, mentre il pesce azzurro, quello povero, ributtato a mare.
Questa voglia di contatto con l’uomo porta Fernando svariate volte a infilarsi nelle reti, ma niente. Finchè una volta, preso dalla depressione, incontra Sandra, una bella oratina. Fernando è il classico tipo dalla basetta aggressiva, i capelli spettinati e tanta voglia di dimostrare. Sandra invece è la classica pottina fredda (locuzione grezza usata dalle mie parti e qui non traducibile), di quelle che tutto deve finire in -ino: quelle col tacchettino, con la borsina firmatina, con la macchinina, col profumino, che fanno un bel viaggino ecc ecc. Sandra spiega a Fernando che è un bischero a volersi far pescare, perchè essere pescato vuol dire morire e per consolarlo lo invita al pubbettino per offrirgli un aperitivino. Nella storia (che è per bambini) non c’è scritto, ma quella notte Fernando e Sandra hanno di sicuro copulato. L’indomani Fernando decide di suicidarsi spiaggiandosi da solo e ci riesce. La morale del racconto, dalla profondità inaudita, non è esplicita e dubito che un bambino di dieci anni la possa comprendere. Se fossi un babbo denuncerei l’autore del racconto per istigazione al suicidio. Detto questo, prima di spegnere la luce, ieri sera ho provato a trovare un senso compiuto a queste 23 pagine di pesci azzurri. Come diceva Esopo, la favola di Fernando insegna che tutto è bene quel che finisce bene e anche in questo caso il bene è un concetto da relativizzare. Colonna sonora: Lu pisce spada By Domenico Modugno
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