Dopo i terribili fatti della Norvegia e la solita immensa figura di sterco di maiale invecchiato male che alcuni dei nostri rappresentanti politici ci hanno fatto fare davanti al mondo intero, oltre a cadermi tutti gli arti possibili, anche gli organi riproduttivi, mi è venuto in mente il classico stereotipo racchiuso nella immancabile barzelletta multietnica.
Premesso che non adoro molto le barzellette perché le capisco in differita e mi si sgama subito quando fingo la risata, quella multietnica, col senno di poi, la trovo molto da social club. C’è (e già qui, non ‘ci sono’) un italiano, un francese e un tedesco: questo il trittico più abituale, salvo poi trovare varianti con l’inglese e spesso una nota fuori porta con l’ammmmmericano. Di solito il quadro sociale è sempre lo stesso: il tedesco è l’impavido senza cervello che la prende sempre nel der hetanen; il francese è lo snob bischero che per fare il precisini finisce anche lui sempre male; l’inglese è quello che le prende con humor e slowly; l’americano, nelle varianti intercontinentali, è il buffone con l’hot dog in bocca. E poi c’è l’italiano. L’italiano è quello più rozzo di tutti, che normalmente arriva per ultimo in ordine di comparizione. Spesso è identificato come partenopeo (e prova a sentire una barzelletta del genere raccontata da un milanese) e me lo immagino come quello più bruttino. Eppure è sempre e solo lui che con metodi rudimentali riesce a spuntarla sugli altri dimostrando che l’italianità ha una marcia in più… la ridotta. “C’è un italiano, un francese e un tedesco in un bar che stanno discutendo su chi ha più coraggio. Ad un tratto il francese chiede: “Garcon, un coltello!”. Il cameriere lo porta e lui si taglia un dito. Il tedesco: “Cameriere, un’accetta, ja!”. Il cameriere la porta e lui si taglia una mano. Tocca all’italiano che esita un pò, poi si alza e grida: “Cameriera! Una sega!”. Colonna sonora: Games without frontiers By Peter Gabriel