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Per fare una rivoluzione bisogna essere almeno in due

Hood

La tua testimonianza sulla rivolta delle colonie americane ne sottolinea,piuttosto,il carattere di resistenza  alla Corona britannica.Provocata dal suo tradimento degli ordinamenti giuridici che regolavano i rapporti con la madrepatria.Potremmo dedurne: a.che per fare le rivoluzioni bisogna essere almeno in due ;b.che. le tesi vittimiste (le rivoluzioni come iniziative sciagurate di minoranze sovversive dell’ordine garantito da rispettabili istituzioni) sono spesso cattiva propaganda reazionaria.

 

Mazzei

Per quanto riguarda la nascita degli Stati Uniti,non c’è dubbio.In linea più generale,ritengo che tra società e stato;tra movimenti ed istituzioni, ci sia una tensione variabile e soggetta a punti di rottura o,se vuoi,di non ritorno.Chi detiene potere e privilegio fa di tutto per convincersi , e convincere, che la stabilità degli ordinamenti sia il bene supremo .Attribuendo ad essa, talvolta,perfino un fondamento ed una legittimazione sovrannaturali.Quelli che ,al contrario,si trovano in posizione subalterna tendono a mettere in dubbio quella pretesa solidità o sacralità. Era già successo ai tuoi tempi,Robin,che l’insofferenza verso certi assetti giuridici e politici sfociasse in aperta ribellione.

Hood

Infatti la concessione della Magna Charta,nel 1215,”coronò” il ciclo di lotte cui presi parte con gli allegri compagni.Come le lotte tra Parlamento e Corona,qualche secolo dopo, ebbero un ruolo notevole nella formazione delle colonie americane e delle vicende  politiche che stiamo discutendo.Nessuno si augura  gradi di tensione così elevati nel trasformare le regole della convivenza.Le evidenze empiriche,purtroppo,affermano l’esatto contrario.Ci si potrebbe chiedere,tornando a noi:come mai la lezione americana non favorì un deciso corso riformatore, in paesi i cui ordinamenti cominciavano a scricchiolare?

Mazzei

La tua domanda mi riconduce all’impegno di rievocare il ruolo che ebbi in Francia, negli anni più avventurosi e drammatici  dedicati alla causa ed alle speranze della rivoluzione.Bisognava affrontare compiti di varia e decisiva natura:condurre a termine la lotta con la Corona;rafforzare le simpatie e le alleanze nei confronti delle colonie ;pensare ed attuare una statualità repubblicana che sostituisse gli ordinamenti del passato coloniale.La Francia, come principale alleata dei coloni e come centro vivacissimo di discussione intellettuale e politica,diventò la  tribuna ideale per spiegare all’Europa il senso di quegli avvenimenti. Con Jefferson,dal 1785 ambasciatore americano a Parigi,riuscimmo a creare una rete di solidarietà finanziaria per la giovane repubblica ed a garantire un flusso costante ed accurato di informazioni .Per parte mia pubblicai ,nel 1788, un testo in francese:”Ricerche storiche e politiche sugli Stati Uniti dell’America settentrionale” .Intendevo argomentare e dimostrare,e credo di esserci riuscito,che i coloni americani si erano ripresi quella libertà che la Corona aveva tentato di sottrarre loro con decisioni unilaterali.In particolare ,con l’Atto di Navigazione emanato da O.Cromwell e con il Declaratory Act del 1767.Dispositivi in forza dei quali,come scrisse qualcuno:”veniva estinta fino l’ombra della libertà e tutto ciò che possedevano (i coloni)poteva essere loro tolto a forza di contribuzioni,qualora piacesse all’Inghilterra.la quale sgravando se stessa a proporzione di quel che avesse aggravate le colonie,è probabile che non le avrebbe risparmiate”.L’usurpazione della Corona ,la ribellione vittoriosa e la rottura dei legami con la Madrepatria avevano configurato una situazione senza precedenti.Gli americani si trovarono :”senza governo,tutti egualmente liberi,come in uno stato di  natura,tutti egualmente interessati alla causa pubblica”.Era questa la grandezza,la sfida e la novità  della ribellione americana.La visione di J.J.Rousseau di uno Stato:”dove i sudditi e il sovrano sono gli stessi uomini considerati sotto diversi rapporti”,diventava realtà.I coloni si sarebbero sottomessi solo alle leggi scaturite dalla loro eguale e comune condizione sovrana.Era nata una Repubblica .Ben presto la Francia venne investita dallo stesso cambiamento.A mio avviso,l’esito più augurabile sarebbe stato quello di una monarchia costituzionale ;che superasse la divisione  della società in tre ordini e  fosse in  grado di far nascere una nuova solidarietà nazionale.Gli eventi presero una piega diversa.Così anche la Francia cominciò a starmi stretta.Diventai ascoltato consigliere del re di Polonia e riannodai i rapporti con valorosi amici toscani quali Piattoli,Fabbroni e F.M.Gianni.Trascorsi gli ultimi anni della mia vita a  Pisa. Intento ai miei studi e senza prendere parte alle vicende legate all’avventura napoleonica.

Hood

Credo di aver capito che la tua propensione per una monarchia costituzionale, come esito desiderabile della rivoluzione , fosse fondata soprattutto sul timore che la repubblica,in Francia,non sarebbe riuscita a contenerne le tendenze disgregatrici.Se mi concedi:a tuo avviso,Rousseau andava bene in America,meno bene in Francia.

Mazzei

Disgrazia volle che Rousseau, proprio nel 1776, subì un grave infortunio e due anni dopo morì.Immagina quale contributo avrebbe potuto offrire, intorno al tema essenziale della sovranità , nella transizione da un ordinamento all’altro:così in America,come in Francia.”Il contratto sociale” venne pubblicato nel 1762.Due anni,con le: “Lettere scritte dalla montagna” ,affrontando il caso concreto della crisi di sovranità a Ginevra,egli diede prova di saper integrare il piano logico con quello storico della sua teoria democratica e repubblicana.Siamo stati tutti suoi allievi.Ma i problemi della transizione ,in America e Francia ,dovemmo affrontarli senza la sua intelligenza. Bisogna stare attenti,nei cambiamenti, a non buttare il bambino con l’acqua sporca.Le rivoluzioni non si fanno a tavolino e non hanno esiti scontati.Quasi sempre sono provocate dal disprezzo della giustizia da parte di chi gode o rivendica privilegi; e dal disprezzo della verità,che corrompe la discussione ed impedisce la maturazione degli intelletti e dei carattere.Si accumula così un potenziale di violenza estremamente difficile da controllare.L’affermazione del giacobinismo si spiega anche con queste ragioni.

Hood

Potremmo dire che il giacobinismo è incoraggiato da chi si ostina a conservare i propri privilegi, facendo largo e disinvolto uso della menzogna. Aggiungerei che si tratta di una tentazione ricorrente e diffusa.

Mazzei

Proprio così ,Robin.E ti assicuro che nutro grande curiosità per le cose che ci dirà Ferdinando.Ora, però, è tempo di ritirarci a meditare davanti al fuoco della notte

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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Michele Lupetti

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