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Le raccontan che sembran vere…forse se non fosse per la crisi…

C’ era una volta…per continuare le figure favolesche – in questo caso con nessun corrispettivo nel contesto nazionale – la storia di una scrittrice o meglio di una giornalista che è diventata l’eroina di sei serie, due film super-acclamati e forse di un sequel e di un prequel.
Insomma Cenerentola è stata rimpiazzata. Altra storia, altre scarpe.

Sex and the city è una favola moderna che racconta le vicissitudini sentimentali e, non, di Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte nella favolosa New York e, di moderno c’è molto.

C’è sicuramente il modo in cui la donna viene rappresentata nei confronti dell’altro sesso ossia meno debole e passiva, più sicura di se stessa e per nulla intrappolata nella figura di guardiana del castello e come non citarli i lunghi dialoghi femminili impressionanti per il realismo e la corrispondenza con i nostri dialoghi, non proprio sui massimi sistemi del mondo, che noi donne facciamo quando ci ritroviamo il weekend.

L’unico neo di questa storia è il lavoro della protagonista: Carrie scrive una rubrica una volta alla settimana. Reitero il concetto: Carrie ha come UNICO lavoro quello di scrivere un articolo nella sua rubrica una volta alla settimana. Il restante del tempo esce tutte le sere per trovare spunti per il suo SETTIMANALE articolo. Emmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm

Ma chi ci crede???? Come si può campare a N.Y o forse meglio specificare a Manhattan comprando abitualmente scarpe da 400 dollari il paio – prezzo bloccato a dieci anni fa – girare in taxi tutti i migliori locali della Big Apple dormendo fino a mezziogiorno tutti i giorni e scrivendo un articolo ogni 7 e finire anche come pubblicità in un autobus???? Come si può? No qualcuno me lo dica per piacere…come si può???

Comunque il pezzo meglio della favola dei nostri tempi è rappresentato dal tema trattato nella rubrica qui citata “sex and the city” appunto: le storie amorose e ancora più nello specifico le relazioni fallimentari di 4 donne single. Ah ah ah ah ah.
Questa è proprio la parte migliore, certo che le raccontan che sembran vere. Se ciò fosse possibile/credibile la maggior parte delle donne dai 20 anni in su avrebbe vinto un Pulitzer con il materiale documentaristico a disposizione grazie alla relazione con gli uomini.

Premetto che nonostante questa mia critica sono una grande fan della serie e della protagonista Carrie Bradshaw, il fatto è che la continua esposizione a questo programma mi ha procurato danni collaterali non indifferenti: la convinzione che devo insistere in questo settore, che le scarpe non ti abbandonano mai e che una storia d’amore travagliata e lunga 10 anni con brusche interruzioni – tra cui un matrimonio con terzi – può concludersi in un felice e favoloso happy end.

Ma dopotutto che male fa una favola oltre che rischiare di farci credere in scarpette perse e poi ritrovate e in un’occupazione idonea alle nostre doti????

Ma non è che la crisi economica, questo pericolo costante ci sta così tanto impedendo di sognare l’impossibile che ce la prendiamo anche con le serie tv e con tutto ciò che favoleggia – era una domanda retorica – forse scrivere o fare il lavoro dei propri sogni per pagare l’affitto e un po’ di scarpe non è così di fuori – sull’ Happy end come quello tra Big e Carrie e lui che ti rincorre a Parigi non ci sono speranze invece!

Magari ci toccherà lavorare un po’ di più di 2 h a settimana ma chissà che un giorno anche noi compariremo su un autobus per la quinta strada.
Non deve essere mica per forza quella di New York

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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Michele Lupetti

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