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Il rischio è il mio mestiere

Una volta ero una fifona cronica, terrorizzata dalla velocità oraria e che iniziava a piangere appena mi alzavano più di 20 cm da terra, per non parlare della moto sulla quale sono salita solo con un casco rosa dotato di microfono per poter dire ogni due secondi “rallenta, ho detto rallenta, 120 km/h sono troppi”.
Il mio massimo del rischio era fare shopping il primo giorno dei saldi o indossare i tacchi alti e applicavo i principi razionali del marketing – costi benefici – anche alle mie relazioni interpersonali. Una vita fatta di calcoli matematici e astrali fino a che poi un sabato pomeriggio ho giocato a Paintball e ho sostituito la calcolatrice con un pacchetto di cerotti, un po’ di antidolorifici, pomate muscolari e disinfettante con grande soddisfazione personale.

 

Ma dopotutto far indossare la tenuta militare e invitare 12 ventenni/trentenni – che tutti i giorni devono barcamenarsi tra esami universitari e impieghi che sono rari quanto i premi del Superenalotto – a rincorrersi in un bosco utilizzando strategie militari non propri ispirate a Sun Tzu non è stato così difficile. Il risultato è stato lo stesso che si poteva immaginare se ci fossimo tirati addosso delle uova marce – costi – ma estremamente  rilassante – benefici.

Il mio spirito combattivo è quindi tornato a farsi sentire, potenziato anche dalle letture mattutine di Kapuscinsky e delle sue traversie come giornalista di guerra, inviato speciale per più di 30 anni, con l’unica differenza che io sono inviata speciale nel mio giardino e il mio peggior nemico è il mio cane che mi guarda in cagnesco. Da queste letture e dai miei lividi ancora presenti ho tratto importanti conclusioni esistenziali: ovunque ci troviamo oggi il rischio va corso, non per forza il rischio che si corre come inviato speciale, ma  soltanto per metterci in gioco, per tentare di cambiare un po’ le cose e a chi ci dipinge come giovani fannulloni, bamboccioni e mammoni rispondo che siamo così tanto abituati a saltare ostacoli mentre parliamo anche al telefono e pensiamo che potremo tranquillamente vincere le Olimpiadi di salto in lungo. Basta metterci alla prova. Il rischio, con una disoccupazione giovanile al 10%, è diventato veramente il nostro mestiere.

L’unico limite che mi rimane a questo punto – oltre all’iscrizione all’albo dei Giornalisti –  è il cinismo perchè secondo Kapuscinsky “il cinico non può fare questo mestiere”: nei suoi libri spiega che per fare il giornalista bisogna essere prima di tutto generosi verso l’umanità in generale. Io concordo, ma dico oggi bisogna essere anche  pronti a tutto. Quindi se il rischio è diventato il mio mestiere da oggi chiamatemi Cecilia, Cecilia Bond, per quello che valgono oramai.

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Cecilia Falchi

30enne Blogger per sopravvivenza mentale e precaria per scelta altrui. Spontanea nel suo essere assurda, sembra uscita da un'illustrazione di "Mary Poppins", ma respira sarcasmo come un personaggio di Woody Allen. Calamita vivente per i guai. Il suo motto è "Domani è un altro giorno... speriamo parta la macchina"

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