So di essere ripetitiva e so anche che nella vita c’è molto di peggio, ma giuro che non sopporto questo fanatismo collettivo chiamato calcio, da qualche anno trasferitosi pure sui vari social network. Non bastava sentire le urla del vicino, o essere relegata in una stanza minore perchè la televisione del salotto è più adatta a vedere una partita, ora mi devono apparire anche status continui che mi tengono aggiornata sull’unica cosa sulla quale non ho il mimimo interesse ad essere aggiornata: i risultati delle partite.
Si sono una donna vecchio stampo, che non condivide il brivido e la tensione procurata da 22 uomini in pantaloncini – em – che rincorrono una cosa rotonda che essendo rotonda potrebbe rotolare anche da sola in porta e non la condivido proprio quando in piena crisi di nervi da pioggia uggiosa e mancanza di amiche a portata di mano sono costretta a stare in casa ad ascoltare le urla del vicino. Uomini intelligenti e interessaanti si trasformano una o due volte la settimana – se siamo fortunati – in Medioman, la caricatura dell’uomo medio interpretata da Fabio de Luigi. Ma invece del mantello sono armati di sciarpa e fischietto della squadra del cuore e invece di salvare gente bisognosa in quei 90 minuti vengono trasportati in un’altra dimensione ultraterrena, l’Iperuranio di Platone in cui non si accorgerebbero di chi hanno davanti neanche passasse Irina Shayk in bikini figuriamoci se si accorgono di noi comuni mortali per di più vestite.
Dovrei decidermi a fare quella telefonata a Rita Pavone, così facciamo il sequel di “la partita di pallone”