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Oggi intervistiamo… Efrem Calamati

Che fine ha fatto il campione europeo di pugilato per la categoria superleggeri, vincitore del titolo nel 1989 e che ha poi difeso ancora per cinque anni? Ho incontrato Efrem in un bar di Tegoleto, dove l’ex sportivo, nato ad Arezzo il primo luglio 1964, abita ormai da anni con la famiglia. La storia di Calamati inzia dal suo nome di battesimo: Efrem. Così si chiamava un amico del padre, che ha deciso di conferire lo stesso nome al figlio.

“Anche mio padre Paolo era un pugile. Fin da quando avevo l’età di sette anni andavo con lui in palestra e mi divertivo con il sacco e con la corda”, esordisce, continuando a raccontare la sua storia, passando dalle competizioni di figura in giro per l’Italia dei Giochi della Gioventù, arrivando all’inizio della sua carriera, all’età di 14 anni, quando decide che vuole fare il pugile. Il giovanissimo sportivo passa allora dilettante e già all’età di 16 anni entra nel giro della nazionale. “A quel tempo la nazionale veniva allenata a Perugia da Falcinelli, che già nel 1984 avrebbe potuto farmi partecipare alle Olimpiadi, cosa che purtroppo non avvenne, perché scelse un pugile più esperto. Fu lì che decisi di diventare professionista, cosa che certamente mi lasciava più libero e meno vincolato a terzi”.  Da professionista avvengono i più importanti successi: Calamati diventa campione d’Italia nel 1988 e campione d’Europa nel 1989, difendendo il titolo per cinque volte. Ha anche partecipato a due mondiali, che però non ha mai vinto. “Nonostante quello che si possa pensare, per me la delusione più grande non è stata quella di non vincere il mondiale, ma quella di non aver partecipato alle Olimpiadi, dove avrei avuto anche la possibilità di vincere qualche medaglia. Sai, nel pugilato devi fare una scelta: solo il pugile dilettante ha diritto a partecipare ai Giochi Olimpici; se decidi di passare professionista sei fuori da quel giro, e questo è stato un peccato, perché la prestigiosa atmosfera olimpica avrei voluto proprio assaporarla”. Il 1993 è un anno importante. Dopo aver perso il mondiale Calamati si ritira e decide di abbandonare completamente quel mondo. Cosa ha fatto il pugile al momento del ritiro? “Innanzi tutto mi sono sposato, trasferendomi a Tegoleto, dove vivo con mia moglie e i due miei figli. Per il resto, ho fatto lavori vari, soprattutto di rappresentanza e ho deciso di lasciare completamente il mondo del pugilato. Spesso mi hanno chiesto di tornare a insegnare questo sport, ma mi sono sempre rifiutato, perché sono in pochi quelli che capiscono che il pugilato è uno sport e non un modo per passare il tempo, dimagrire o per imparare a difendersi… la boxe non è legittima difesa! Inoltre si tratta di uno sport molto particolare, così particolare che ci vogliono delle qualità innate per poterlo fare. Sono in molti quelli che ancora pensano che il pugile sia un ‘suonato’. In realtà non lo è per niente, anzi, a parte una grande tecnica, per essere un bravo pugile ci vuole anche molta intelligenza”.

Stefano Duranti Poccetti

Stefano Duranti Poccetti

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Stefano Duranti Poccetti

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