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Paganini e la sua Genova

Nicolò Paganini nasceva il 27 Ottobre 1782 nell’affascinante intrico dei carruggi genovesi, più precisamente in Passo di Gattamora 38 (già vico delle Fosse del Colle). La sua abitazione è andata purtroppo perduta, perché il quartiere di cui faceva parte, già parzialmente distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stato completamente demolito agli inizi degli anni settanta, per una scelta deplorevole del Comune di Genova.

Così l’area sottostante l’attuale piazza Sarzano con i suoi meravigliosi vicoli, le case altissime e strette con i caratteristici panni stesi, le botteghe e le osterie è scomparsa per sempre insieme alla dimora dell’artista. Da documenti storici risulta che in quell’area scorreva anticamente il Rio Torbido, lungo i cui argini, già nel XV secolo sorgevano le caratteristiche case dei pescatori e numerose botteghe artigiane. Il quartiere era uno dei più antichi del grande centro storico della città. L’appartamento in cui venne alla luce Nicolò era molto piccolo, modesto ed angusto. Era abitato dai genitori Antonio e Teresa Bocciardo e dai loro quattro figli. Il frontale del palazzo era caratterizzato da un tabernacolo votivo raffigurante la Madonna; elemento tipico e costante che si ritrova frequentemente agli angoli o sopra i portoni dei palazzi, in edicole meravigliosamente decorate in tutto il centro storico, a testimonianza del diffuso culto mariano praticato nella città. Il nonno paterno, Giovanni Battista Paganini, si era trasferito a Genova dalla provincia di La Spezia nella prima metà del Settecento, andando ad abitare in Vico dei Parmigiani. Il padre, Antonio, faceva il ” ligaballe “( imballatore) al porto, ma era anche un commerciante di mandolini, strumenti che sapeva suonare abilmente. Da numerose biografie risulta che il padre non fu mai molto amato dal nostro artista a causa del suo carattere rigido, intransigente e spesso ostile nei suoi confronti. Egli se ne rammaricherà a lungo anche in età adulta incolpandolo di avergli rovinato la salute. Sicuramente dobbiamo riconoscergli il merito di essersi accorto per primo del talento precoce del figlio e di averlo avviato allo studio della musica, sia pure con metodi molto duri e tirannici. Una famiglia modesta, ma non povera la sua, tanto che il padre aveva acquistato una casetta di campagna a San Biagio in Val Polcevera (una delle principali vallate del genovasato che prende il nome dal torrente Polcevera che delimita a ponente il nucleo storico della città). Nicolò amava molto questo piccolo angolo di campagna, vi si ritirò agli inizi della carriera, giovanissimo, per dedicarsi alla composizione e allo studio della chitarra. Lo chiamò il “Casinetto di Romairone”. Qui poteva dedicarsi alla musica lontano dal frastuono della città e coltivare i suoi amati campi. Molto tempo dopo, nel giardino sottostante, la salma imbalsamata del Maestro sosterà per un periodo di tempo, in attesa della revoca del Decreto di empietà pronunciato dal vescovo di Nizza. La casa esiste ancora oggi ed è di proprietà di un privato, il Comune ha però acquistato di recente parte del terreno antistante che è stato intitolato all’artista e dove è stato eretto un monumento commemorativo.

Quando il nostro artista nacque, Genova viveva un periodo di grande fermento musicale, una vivacità che non aveva nulla da invidiare, per intensità e qualità degli artisti a quella di altre grandi città italiane. Poteva vantare esecutori di ottimo livello, un humus fatto di una tradizione musicale, strumentale e virtuosistica profonda, dal quale sarebbe poi germogliato il “fenomeno” Paganini. La vita musicale genovese si svolgeva principalmente nelle cappelle delle chiese e in particolare in quella del Duomo di San Lorenzo e nei già numerosi teatri: il Teatro Regio del Falcone, di S. Agostino, di Piazza Campetto, quello delle Vigne, di San Francesco d’Albaro e quello estivo dell’ Acquasola. In questi teatri pubblici si poteva assistere sopratutto al melodramma che, all’epoca, era la forma musicale che accoglieva maggiormente i favori del pubblico. Nel chiuso dei meravigliosi palazzi patrizi genovesi c’erano poi dei piccoli teatri privati che godevano di una loro intensa e vivace vita musicale e dove si metteva in scena un ricchissimo repertorio strumentale; a testimonianza della viva predilezione del popolo genovese, sia tra le sfere elevate che nei ceti inferiori, per tutte le espressioni musicali, considerate un elemento di ricreazione ed elevazione spirituale.

Il giovanissimo violinista Nicolò iniziò la sua carriera dando pubbliche esibizioni nelle chiese della sua città, dei veri e propri concerti che avevano luogo durante le funzioni religiose. Risale al 6 Dicembre 1794 un trafiletto apparso nel giornale AVVISI in occasione della festa di S. Eligio: “…in questa occasione si ebbe il piacere di sentire un armonioso concerto di violino, eseguito colla maggiore destrezza e maestria dal Sig. Niccolò Paganini nella sua tenera età di anni 12…”Fu il suo primo concerto di rilievo, a conclusione di un primo periodo di preparazione musicale, suscitò meraviglia e stupore in tutta la Genova musicale e si tenne al Teatro S. Agostino, non lontano dalla casa natale dell’artista. In questo teatro, piccolo e rinomato, egli darà numerosi concerti nel corso della sua vita, in occasione delle sue sporadiche e brevi visite alla città. La fama del Teatro di S.Agostino verrà in seguito oscurata dalla nascita del Teatro Carlo Felice. Rimarrà un luogo per rappresentazioni e concerti di secondaria importanza e verrà distrutto dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Paganini è stato l’unico artista a far acquisire fama musicale internazionale a Genova e alla sua città fu sempre profondamente legato da un forte affetto che mai venne meno, nonostante le lunghe peregrinazioni dovute alla sua carriera. Molte sono state le polemiche subito dopo la sua morte, riguardanti le sue scelte di vita, la sepoltura a Parma e più di recente sulla demolizione della sua dimora, ma in base a studi approfonditi possiamo confermare con sicurezza sia la “genovesità” dell’artista sia l’affetto pienamente ricambiato della sua città.

Una “genovesità” che fu tanto più forte, quanto più egli era costretto alla lontananza e che non si limitava al solo ambiente artistico, alla famiglia o agli amici ma comprendeva il “pascersi dell’odore della farinata” o alla voglia di gustare “gli squisitissimi ravioli magri” o il buon minestrone alla genovese fatto dalla madre Teresa. Desiderio nostalgico e sempre costante di tornare all’ombra della Lanterna per ritemprare il corpo e lo spirito al dolce tepore del mar Ligure.

Claudia Faltoni

Laureata in giurisprudenza, ha vissuto a Dubai. A Genova si è dedicata allo studio della storia della musica e alla recitazione. Il suo blog "NonsoloMusica" nasce con un nobile intento: tenere in vita la figura del 'critico' che assiste e gli eventi e li racconta offrendo il suo punto di vista ai lettori, una figura ormai scomparsa nella stampa web troppo spesso fondata sul copia-incolla. Oltre a questo troverete approfondimenti e curiosità in tema musicale

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