E’ morto Mario Poltronieri. Chiunque, come me, abbia amato la Formula Uno fra i ’70 e i ’90 deve tutto a lui, alla sua voce competente e passionale… e pure ogni tanto soporifera. Ma d’altronde i Gran Premi (così si chiamavano) scattavano alle 14 della domenica, e i pranzi pesanti si facevano sentire. Ma davvero dobbiamo tutto, tutta la nostra passione, a lui.
Alla sua R arrotatissima, al suo francese impeccabile, al misterioso ‘contagiri del collega Ingegner Benzing‘ con cui ci snocciolava le posizioni dei vari concorrenti, alle lamentele per gli assurdi luoghi da dove gli toccava fare le telecronache, col computer (già nel 1977…) sempre in avaria che sballava tempi sul giro e posizioni, le cuffie col fastidioso ritorno e il monitor minuscolo che si spegneva e lo lasciava regolarmente a piedi.
Io lo vedevo come un uomo solo al comando, in stanzini bui o dentro roulotte piene di cavi che si intrecciavano e carte ovunque, a due passi dalla pista squarciata dal rombo dei motori. Lui vedeva quello che vedevamo noi, finchè il monitor era acceso, ma ce lo raccontava che sembrava fosse in macchina insieme ai piloti.
Era lì, accanto alla pista, a due passi dalle macchine. Tanto che, ogni volta che passava il gruppone, la sua voce veniva sovrastata dal rumore, perdendosi lontana con un effetto che era quasi poesia. Lo immaginavo contornato da tecnici Rai in difficoltà e suggeritori che, puntualmente, gli davano le informazioni sbagliate. Perchè così era. Anche Benzing, l’ingegnere, spesso si sbagliava.
Ma nonostante questo il grande Mario ci ha raccontato in modo unico e inimitabile i più grandi momenti di una storia bellissima… e ci ha fatto emozionare.
Prima di essere un telecronista era stato pilota, e per questo era competente. Molto. A ciò aggiungeva l’eleganza, la signorilità, l’educazione, lo stile, la capacità serafica di recuperare le (inevitabili) gaffes. Le sue cronache, che non avevano bisogno delle esasperazioni, delle ugole tremanti o delle urla a perdifiato oggi diventate la regola, meritano di restare nella storia almeno quanto quelle di un altro enorme giornalista, Nando Martellini, cantore delle più grandi imprese del calcio nello stesso periodo.
Per me Lauda, Villeneuve, Prost, Piquet, Mansell e tutti gli altri miti di quell’epoca sono anche Poltronieri. Il frutto anche del suo lavoro, con l’inseparabile Ezio “topolino” Zermiani in collegamento dai box.
Idolo, idolo indiscusso. E indimenticabile