Fatica a stare in piedi questo libro prolisso, ripetitivo e didascalico. Personaggi improbabili e coincidenze impossibili, in un tentativo di imitazione del peggior stile americano, quello alla Dan Brown, per intenderci, con un linguaggio abusato fatto di avverbi ed aggettivi del tipo “maledettamente” e “dannato”. A tratti con velleità contemplative o introspettive e motivazioni psicologiche spicciole, che lo rendono un po’ troppo pretenzioso.
La storia è all’incirca questa, non la dico tutta, per non rovinare il gusto a chi voglia comunque avventurarsi nella lettura. A New York c’è un poliziotto, detto Jordan, molto figo, molto bravo in tutto, intelligente, intuitivo, forte, onesto, coraggioso, carico di abnegazione e modestia, che, fratello di un pezzo grosso, prima gli para la schiena e ci rimette la carriera e, anni dopo, indaga sull’omicidio del figlio viziato e psicolabile, ovvero del nipote.
Parallelamente e plutarchianamente a Roma c’è una tale Maureen molto bella, molto brava, bilingue, giovanissima e già Commissario, sensibile ed empatica, piena di soldi e che guida la sua Porche con ritrosia e modestia, che similmente, per un tragico equivoco ed inganno, ma soprattutto per una clamorosa svista della Scientifica, è accusata di omicidio ed è temporaneamente sospesa dal servizio.
La bella poliziotta, nel corso di una rocambolesca quanto tragica avventura, perde la vista e l’unico al mondo che gliela può restituire è ovviamente un americano (ma ce lo diceva anche Albertone, che l’americani so’ forti), mediante l’impianto di cornee dell’unico donatore compatibile in quel momento. E chi è questo donatore? Il nipote psicopatico dell’altro protagonista, al quale vengono espiantati gli organi dopo svariate ore dal decesso e dalla relativa scoperta del cadavere. Con questi nuovi occhi, l’algida Maurine acquisisce, come in una serie di Maccio Capatonda, la… “vedenza”: a tratti vede e ricorda episodi salienti della vita (e della morte) del suddetto figlio di papà.
Riempiono le pagine altri omicidi, un falso colpevole, una donna bellissima che in realtà è un uomo, o forse entrambi; tra l’altro, circa la difficoltà del reperimento delle cornee adatte alla Commissaria, l’autore invoca un’anomalia biologica molto rara, ovvero della cosiddetta “chimera tetragametica”, senza altre conseguenze che il forzato viaggio negli USA. La misteriosa ed affascinante Lysa/Alexander, con la sua duplice apparenza sessuale, resta invece senza spiegazioni logiche, mentre la chimera le sarebbe calzata a pennello, essendoci la possibilità di ermafroditismo in questo raro fenomeno.
Mentre gli astanti restano soggiogati dalla perspicacia di Jordan, che indovina le cose più ovvie, il lettore pensa “embè?”, mentre al contempo vorrebbe suggerire all’invincibile investigatore alcune macroscopiche piste da seguire, che invece cadono nel vuoto; insomma, molte contraddizioni ed approssimazioni, troppo palesi per un lettore avvezzo ai gialli.
Nel frattempo, poiché Maureen è la figlia, oltre che della migliore avvocatessa d’America, anche del miglior ristoratore italiano della Grande Mela (ma sì, basta con questi personaggi mediocri!), si può gustare in compagnia dei due inarrivabili protagonisti dell’ottima cucina nostrana: il piccione. Sì, non la gallina, o la quaglia, o lo struzzo. Proprio il piccione. Che, per un romano, è come dire un sorcio. Ed è stato lì che mi sono fatta La domanda: perché sto leggendo questa roba ed ho tradito Camilleri con le sue sarde a beccafico o Carofiglio con cui condivido i natali e la passione per fave e cicorie?
Ecco perché. Perché io a Faletti ero affezionata: era nei miei ricordi di infanzia, nel testimone di Bagnacavallo ed in quel Vito Catozzo, grezzone purtroppo così distante dagli impersonali personaggi di questo libro, di Drive In. Lo ricordavo sul palco di Sanremo a cantare quel pezzo che ci aveva commosso tutti, visti i fatti sanguinosi e tragici dei mesi precedenti.
E quando si era affacciato alla sua seconda vita come scrittore, mi sembrò davvero un’apoteosi da romanzo. Ma sì, forse dovevo immaginarmelo che non era il genere adatto ad una con la puzza sotto al naso come me. Non ne leggerò altri, ma andrò su Youtube a rivedere qualche suo vecchio sketch, per ripristinare l’affettuoso ricordo di una persona (o personaggio) che vedeva il mondo con il suo sguardo azzurro sempre colmo di sorpresa e passione.