Ben ritrovati su L’Euroscettico, la rubrica sugli Europei di calcio di Valdichiana Oggi. Di seguito troverete di tutto (allucinazioni comprese), ma non si parlerà minimamente di calcio giocato. Avete forse visto una partita di calcio oggi pomeriggio? In compenso si parlerà di come la Nazionale italiana riuscirà ad arrivare in finale. E vincerla. (Astenersi deboli di cuore).
I miracoli accadono una volta sola nella vita? Fino a poche ore fa pensavo di sì, poi – improvvisamente – ho cambiato idea.
Pensavo che Italia – Belgio 2-0, corredato di bel gioco e tanta corsa, fosse stato il primo (e quindi l’ultimo) miracolo fatto da Sant’Antonio Conte da Lecce insieme ai suoi discepoli. Ma al termine della partita di oggi, Italia – Svezia 1-0, mi sono ricreduto. E ho capito che la santità del nostro c.t. c’entra poco o nulla.
Oggi pomeriggio, i miracolati sulla via di Lione si trovavano a Tolosa, dove alle 15 hanno dovuto affrontare la Nazionale svedese, composta da Ibrahimovic e i suoi amici d’infanzia. Gli azzurri, in particolare Barzagli-Bonucci-Chiellini, avevano una sola cosa da fare: tenere d’occhio il gigante-nasone-capelluto con la maglia numero 10 (Zlatan Ibrahimovic, appunto). Basta, nient’altro, solo questo. E bene o male ci sono riusciti, visto che Ibra non ha segnato. Su questo credo ci siano pochi dubbi: se non segna Lui la Svezia non può vincere. Al massimo può pareggiare 0 a 0. E’ matematico.
I discepoli di Conte, però, si sono concentrati un po’ troppo sul gigante giramondo (sì, Ibrahimovic, sempre lui), trascurando tutto il resto (giocare a calcio). Infatti per 87 minuti abbiamo assistito ad una delle partite più brutte della storia, degna di un “scapoli-ammogliati” il 15 di agosto. Una partita impossibile da commentare. Anche il commentatore tecnico della Rai (Walter Zenga) era in evidentissimo imbarazzo al momento di decidere i tre migliori in campo. Già era difficile trovarne uno, ma addirittura tre… Per la cronaca: alla fine ha detto Giaccherini, così, per sport.
Al minuto 87 un’altra folgorazione, questa volta sulla via di Tolosa. Un altro miracolo. Sia chiaro, io lo chiamo ‘miracolo’ per mantenere una certa linea editoriale, ma voi potete pure chiamarlo con il suo vero nome: ‘buco di culo’ (detto alla francese). Sta di fatto che da un’infame rimessa laterale di Chiellini, complice Zaza, la palla finisce sui piedi di Eder. Apriti cielo. L’oriundo salta tutti, sembra Ronaldo, e scarica un destro preciso all’angolino. L’Italia passa in vantaggio a 3 minuti dalla fine senza neanche accorgersene. E’ stato un miracolo anche questo? Secondo me sì.
Io pensavo che i miracoli potessero accadere una volta sola nella vita, e qui siamo già a due nel giro di nemmeno una settimana. E’ impossibile, mi sono detto. Poi però ho ripensato ad un commento lasciato da un carissimo lettore sotto al mio ultimo articolo. Il lettore chiamava il c.t. della Nazionale “gatto Conte“, forse alludendo più ai suoi foltissimi (e naturalissimi) capelli che non alla sua indubbia astuzia da felino. Aveva ragione lui, e io avevo torto. Antonio Conte da Lecce non è un santo, ma… (spazio all’immaginazione).
Poniamo il caso che Conte sia “veramente” un gatto (lo so, sto delirando, ma dopo una partita oscena come quella di oggi è il minimo. Di cosa vogliamo parlare sennò, delle svedesi in tribuna? Del palo di Parolo? Via, su). Dicevo. Poniamo il caso che lo sia. Aggiungiamoci il fatto che lui (Conte) ad ogni partita perde la vita, oltre che la voce. Il gioco è presto fatto: un miracolo a partita, per sette volte. Due miracoli (e due vite, ahilui!) se ne sono già andati. Quante vite (e quanti miracoli) rimangono ad Antonio? Cinque. E quante partite mancano alla finale? CINQUE.
In panchina sperate di avere un gatto, non un santo, o usciamo agli ottavi.