Ci sono due cose di cui è quasi proibitivo scrivere e sono l’amore e la morte, eppure ci sono solo due argomenti di cui la vera letteratura deve per forza occuparsi: l’amore e la morte. Solo un autentico talento può azzardarsi ad intraprendere questa strada impervia senza scivolare nelle sabbie mobili della retorica vuota, della banalità, del già detto. Ebbene Anna Giurickovic Dato nel suo nuovo libro (Il grande me, Fazi Editore) riesce brillantemente nell’impresa.
La ragione si trova innanzitutto nell’utilizzo di uno stile screziato, talvolta asciutto e tagliente, talaltra complesso e ricco di subordinate, sempre privo di enfasi e ridondanze eppure tutt’altro che asettico e che sa alternare pagine dense di scrittura ad altre composte di dialoghi veloci e realistici. Ma ciò che colpisce di più (almeno per quanto riguarda il sottoscritto) è la capacità di dipingere vividamente le ambientazioni con pochi abili colpi di pennello e soprattutto di costruire personaggi complessi con una tecnica a chiaroscuro che li rende credibili e non stereotipati.
Infine l’elemento più importante di tutti: la trama concepita con originalità e durezza, pervasa fin dalle prime righe da un’aura sottile di malinconia in cui già incombe l’inevitabile esplosione del dolore per la perdita imminente, proprio quella che, attraverso la debilitazione fisica e il delirio della mente, condurrà al disvelamento di un segreto mai prima confessato.
Con questo secondo libro Anna Giurckovic Dato compie un ulteriore passo avanti rispetto al suo esordio (La figlia femmina, Fazi Editore) già a suo tempo molto celebrato, meritatamente, da critica e pubblico. Se nel primo stupiva soprattutto la scoperta di un talento naturale acerbo e temerario, capace di affrontare con innata eleganza e perfetta nonchalance temi complessi e disturbanti, in questa seconda prova autoriale ci troviamo di fronte invece ad una scrittrice ormai matura e consapevole dei suoi mezzi, tanto da allargare in maniera esponenziale i confini dell’opera letteraria e di costruire un meccanismo narrativo stratificato e pluridimensionale.
TRAMA: ”Simone, davanti alla consapevolezza di una morte certa, viene raggiunto a Milano dai suoi tre figli, dopo molti anni di lontananza. È l’inizio di un periodo doloroso, ma per Carla si tratta anche dell’ultima occasione per recuperare del tempo con suo padre. Simone, angosciato dal pensiero di aver fallito e di non poter più cambiare il suo passato, ripercorre le tappe della propria eccentrica esistenza, vissuta con grande passione e voracità. Mentre la sua lucidità mentale vacilla sempre più, vuole usare il poco tempo che gli resta anche per rimediare a vecchi errori e confessa ai figli un segreto. In Carla e i suoi fratelli riaffiorano ricordi di anni lontani, i momenti dell’infanzia in cui la famiglia era ancora unita e quelli legati alla separazione dei genitori, nel tentativo di ricostruire una verità dai contorni sempre più incerti. I ragazzi non possono far altro che assecondare il padre, tra realtà e delirio, mentre la malattia si dilata richiedendo sempre più attenzioni e occupando la totalità delle loro giornate. Inizia così una ricerca – anche interiore – dai risvolti inaspettati, che porterà Carla e la sua famiglia a scontrarsi con un’ulteriore dura realtà, oltre a quella della vita e della morte. Sarà un confronto necessario, che Carla ha cercato e allo stesso tempo sfuggito per anni, ma che ora dovrà affrontare con tutta la forza di cui è capace.”