SUR Edizioni è specializzata soprattutto nella letteratura latinoamericana contemporanea (anche se ultimamente si occupa anche di narrativa e saggistica di lingua inglese). Per i tipi di questa casa editrice romana è appena uscito un testo che mancava dagli scaffali italiani dalla bellezza di 33 anni. Si tratta di “Per una tomba senza nome” di Juan Carlos Onetti, uno degli scrittori più originali del pur immaginifico panorama letterario uruguaiano, noto anche per la sua opposizione alla giunta militare che governava il suo Paese e che, negli anni ’70 del secolo scorso, gli fece conoscere le patrie galere.
Il testo di cui trattiamo oggi è uno dei più rappresentativi dello stile rarefatto di questo autore, in cui tutto, dai dialoghi all’impianto narrativo, appare scarno ed essenziale. E’ proprio questa scrittura, ridotta ai minimi termini eppure capace come poche altre di generare nel lettore una visione quasi cinematografica degli eventi, che distingue Onetti da quasi tutti gli altri scrittori sudamericani che generalmente prediligono uno stile ubertoso e riccamente descrittivo.
Per quanto riguarda la trama invece, sospesa nel dubbio tra verità e menzogna, Onetti rientra pienamente all’interno di una tradizione da sempre presente alle sue latitudini e che anzi continua ad influenzare pesantemente anche le nuove generazioni di letterati. La storia pertanto non è altro che il discutibile portato del narratore e non richiama l’oggettività del reale (che di fatto non esiste), ma solo l’opinione e il punto di vista specifico dell’io-narrante che, per di più, può anche mutare completamente (e più volte) mano a mano che si sviluppa il tortuoso percorso del racconto.
In una delle precedenti puntate de “L’angolo del Bibliotecario” abbiamo parlato di un autore (Kent Haruf) che ha ambientato la sua intera opera in una cittadina di fantasia (Holt). Anche Onetti ha un luogo immaginario che fa da teatro alle sue invenzioni narrative, Santa Maria, ma il parallelismo finisce qui. Infatti, mentre lo scrittore statunitense racconta un paese tranquillo, perduto negli splendidi paesaggi rurali del Colorado, quello uruguaiano descrive un posto colmo di grettezza e provincialismo che è metafora e simbolo di un’angoscia pessimistica che a sua volta rappresenta l’autentico substrato concettuale dell’intera sua poetica.
Concludo fornendovi una breve sinossi del libro, presa come sempre dal sito della Casa Editrice.
“Per una tomba senza nome prosegue la saga di Santa María, il luogo mitico e immaginario creato da Onetti. La voce narrante è quella di Díaz Grey, il medico locale, che tutto osserva e racconta. Jorge Malabia, unico partecipante a un misero funerale, riferisce a Grey la storia di Rita (la donna che ha fatto seppellire), e del suo inseparabile capro, fatta di raggiri, trucchi per ottenere infinite elemosine, squallide frequentazioni maschili. Quando finalmente la vicenda sembra chiarirsi, Jorge pone in dubbio la veridicità della storia che lui stesso ha raccontato. Rita è davvero Rita o tutt’altra persona? La narrazione ricomincia, non sappiamo più a quale versione credere, mentre ci lasciamo turbare dall’impossibilità di conoscere una verità univoca, e affascinare da una scrittura memorabile e avvolgente.”
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