Questa rubrica, come credo sappiano bene tutti coloro che la seguono con assiduità, punta da sempre la sua attenzione sulle piccole case editrici indipendenti, almeno quanto sui libri e sugli autori di valore che esse pubblicano e promuovono. In effetti che ci siano ancora persone che scelgono di mettersi in gioco in un mondo, quello dell’editoria italiana, stretto tra il quasi monopolio delle grandi majors e la disonestà degli stampatori a pagamento, è un vero e proprio miracolo (soprattutto se ci aggiungiamo la cronica mancanza di una politica culturale di promozione del libro che fa sì che il numero dei lettori italiani sia sempre più esiguo).
In questo quadro desolante, non si può che guardare con simpatia al sorgere di ogni nuovo vero editore, tanto più se, come nel caso che sto introducendo, è sostenuto dalla volontà di diventare qualcosa di decisamente inusuale nel panorama librario nostrano. Autori Riuniti infatti (come evidenzia subito il nome scelto) è una casa editrice composta esclusivamente da scrittori, nata sulla base di un manifesto che, nella sua semplicità, appare davvero rivoluzionario e che punta alla creazione di una sorta di “collettivo” unito dall’amore per la letteratura e dalla volontà di rompere le catene di una realtà finora impermeabile ad ogni cambiamento. Una scelta dunque originale e coraggiosa, come quella di affidarsi, pur essendo appena nata, per la distribuzione dei propri titoli sul territorio nazionale alla più importante azienda italiana del settore, sapendo che per uno scrittore la cosa più importante è farsi trovare per farsi leggere.
L’avventura editoriale di Autori Riuniti ha appena sciolto le vele e i titoli in programma sono ancora pochi, suddivisi in due collane: I nasi lunghi (per la narrativa) e Le gambe corte (per la saggistica).
La prima vera uscita è avvenuta ufficialmente il 23 maggio scorso con il romanzo “La distrazione di Dio” di Alessio Cuffaro e devo dire che, al di là delle ottime intenzioni di cui ho già dato conto, è stata la lettura di questo libro a convincermi ad occuparmi dell’editore.
Si tratta di un esordio ben congegnato, con una trama solida e uno stile narrativo accattivante dal quale è davvero difficile distogliere lo sguardo. Cuffaro è un narratore autentico, uno di quegli scrittori che non si perdono in narcisistiche e masturbatorie evoluzioni linguistiche e che non cercano di infarcire inutilmente la pagina di vocaboli colti e desueti, tanto per dimostrare la vastità della loro cultura letteraria. No, Cuffaro vuole solo raccontare una bella storia che parla al cuore e alla mente del lettore e che attraversa un ampio periodo storico (il Novecento appena spirato) ed enormi distanze geografiche, da Torino a Parigi, da Praga a New York.
Il protagonista, Francesco Cassini, ottiene in sorte uno strano destino che gli impedisce di morire e lo costringe a migrare di corpo in corpo, sperimentando sulla propria pelle l’intero armamentario delle emozioni umane, alternando grandi ricchezze materiali alla più sordida povertà e acquisendo, esistenza dopo esistenza, nuovi talenti e conoscenze. Il risultato finale di questa strana specie di immortalità è però una profonda solitudine che si materializza attraverso la perdita straziante e continua di ogni amicizia e di ogni amore. Insomma, la distrazione di Dio non gli permette di raggiungere la pace e lo costringe invece a vagare sulla terra, ritrovando a volte da spettatore gli affetti abbandonati nella vita precedente, così da dolersene due volte.
Una riflessione dolceamara sul senso della vita e della morte condotta con penna felice e una lingua tersa e brillante. Un autore esordiente che possiede già pienamente gli strumenti del mestiere e di cui sono certo che sentiremo ancora parlare.