Questa settimana vi propongo un libro d’esordio: “Finché dura la colpa” di Crocifisso Dentello, Gaffi Editore. Lo faccio raramente, perché sono da sempre convinto che il vero autore si vede dalla capacità di costruirsi nel tempo una propria voce personale, uno stile che lo distingua e lo renda riconoscibile al lettore e che sia il segno originale del suo talento.
Per fare tutto questo è quasi sempre necessario affinare gli strumenti del mestiere attraverso molteplici prove d’artista, insomma fare la gavetta, come si suol dire. A volte però capita di trovarsi di fronte a libri così potentemente strutturati che, pur essendo opere prime, portano già il marchio indelebile dello scrittore autentico ed è esattamente il caso di cui trattiamo oggi.
Fin dal titolo, così intensamente evocativo, si capisce subito che non ci si trova di fronte ad uno scrittore della domenica e proseguendo nella lettura, trasportati da un linguaggio colto, ma senza esibizionismi, in cui ogni parola è scelta con cura, ma soprattutto è funzionale al racconto, questa prima impressione ottiene numerose conferme. E’ un’opera che si nutre di letteratura sia nello stile che nella trama e in cui anzi l’amore per la letteratura giunge a rappresentare il filo conduttore principale.
Allo stesso modo i personaggi che si muovono in un panorama degradato, direi quasi in bianco e nero, risultano estremamente realistici e dai contorni definiti. Questo vale soprattutto per il protagonista, Domenico, che si iscrive a buon diritto, con le sue intime contraddizioni, la sua inadeguatezza ad affrontare l’esistenza e la sua umanità tormentata, a fare parte della galleria dei personaggi letterari più rappresentativi di questo primo scorcio di ventunesimo secolo.
La storia parte volutamente lenta e tutta la prima parte del libro serve a dipingere lo sfondo e a definire i caratteri, poi però si assiste ad un’accelerazione, ad una corsa verso l’abisso che si scorge in progressivo avvicinamento, ma dentro il quale, al pari di Domenico, il lettore non può esimersi dal precipitare.
Qui però mi fermo, sperando di avere solleticato la curiosità dei frequentatori (pochi ma buoni) di questa rubrica, e mi affido come mia abitudine alla sinossi preparata dalla casa editrice:
“Domenico è un solitario. Non studia, non lavora, possiede una sola passione: i libri. La lettura è per lui l’unico motivo per sopravvivere. Ogni pensiero è rivolto, come fine ultimo, a chiudersi in camera a divorare un libro dopo l’altro. Questo atteggiamento fra il rinunciatario e l’indolente indispettisce il padre, operaio siciliano emigrato in Brianza, che reagisce rozzo e violento mentre la madre, benché succube del marito, è troppo protettiva per attaccarlo. Poi arriva Anna, una ragazza che incontra per caso in stazione, che come lui ama Pasolini alla follia – tra loro nasce un sentimento anomalo, sempre sul filo dell’imbarazzo, del diniego, in fondo il riflesso della vita di Domenico. Ma questa immutabilità subisce una frattura quando il padre gli trova un lavoro da operaio. Domenico non riesce a opporsi alla sua volontà, tuttavia quando si presenta al cancello della fabbrica, non trova il coraggio e non lo varca. Se la svigna e si rifugia in un bar dove trova ad aspettarlo Agosto, un personaggio sinistro che gli offre una via d’uscita, che Domenico accetta di percorrere senza pensarci troppo: ma quale sarà il suo prezzo?”
Buona lettura.