Come ormai sanno i miei pochi ma affezionati lettori, in questa rubrica, tra le altre cose, mi piace particolarmente parlare di piccole e coraggiose case editrici che, svolgendo il loro lavoro con passione, non cedono mai alla piaga dell’editoria a pagamento e lottano, come Davide di fronte a Golia, contro lo strapotere delle grandi “major” dell’industria libraria.
Allo stesso modo mi piace parlare di scrittori che, senza poter contare sul potere promozionale dei suddetti grandi editori, riescono comunque ad arrivare alla ribalta di un ampio pubblico e della critica letteraria. Ho già presentato esempi virtuosi in entrambi i sensi sopra descritti e oggi, con grande piacere, ve ne propongo un altro.
Si tratta di “Cacciatori di frodo” edito da Miraggi Edizioni, un romanzo breve e folgorante che l’autore, Alessandro Cinquegrani, racconta di avere scritto in appena nove giorni e che, del tutto inaspettatamente, dopo essere stato designato finalista del Premio Calvino, fu addirittura candidato al Premio Strega 2013.
Recensendo questo libro, un grande italianista come Pietro Gibellini, ha particolarmente lodato lo stile della narrazione nella quale secondo lui “risuonano echi biblici e richiami espliciti alla poesia di Leopardi e al cinema di Antonioni”, mentre il compianto Enrico Castelnuovo definì il libro di Cinquegrani di “alto livello letterario e singolare qualità” e io non posso che umilmente accodarmi a questi autorevoli giudizi.
Concludo con una breve sinossi desunta, come d’abitudine, dal sito dell’editore: “Tutte le mattine prima dell’alba, una donna esce dalla casa cantoniera giù al fiume, percorre dodici chilometri di un binario morto e si sdraia subito dopo la curva troppo stretta, aspettando il treno «che le faccia rotolare la testa giù dall’argine e nel fiume». Tutte le mattine, un uomo percorre quegli stessi dodici chilometri per riportare a casa la moglie, sdraiata sui binari subito dopo la curva troppo stretta. Nella sua mente si attorcigliano i fantasmi di un tempo andato, la famiglia, un figlio, un fratello. La vita e la morte, la colpa e l’espiazione. E lungo il fiume, cacciatori di frodo si nascondono: il paesaggio attraversato da Augusto è una tetra parentesi, quasi indifferente, che racchiude una tragedia familiare dai toni biblici, gli echi del Piave, le ombre del miracolo economico del Nord-est e una nuova resistenza. La storia di una dannazione, una corsa a perdifiato verso l’inferno, o forse un vademecum su come diventare cacciatori di frodo, clandestini del pensiero nell’epoca della banalità.”
Buona lettura.
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