Lo dico subito: non è, a mio avviso, uno dei migliori dell’Allende. O meglio, è la mia scrittrice preferita, la adoro e “da grande” vorrei essere come lei, trovo che sia una poetessa che si esprime in prosa; avendo letto tutta la sua produzione, compresi i volumi autobiografici (“Paula”, “Il mio Paese inventato” e “La somma dei giorni”), ho anche la presunzione di conoscere la persona dietro le parole, donna di sconfinate passioni, arguta ironia e forza d’animo invidiabile.
Intraprendo la lettura dei suoi libri l’8 gennaio, che è il giorno in cui lei, a partire dal lontano “La casa degli spiriti”, inizia il cimento di un nuovo romanzo; insomma, qualora avessi il privilegio di incontrarla, verrei bollata come una di quelle fans fuori di testa, da cui guardarsi con una certa cautela.
Tra i romanzi che preferisco spiccano l’epopea di “Inès dell’anima mia”, l’avventuroso “Zorro, comincia la leggenda”, che a detta della stessa autrice manca purtroppo di scene erotiche che sarebbero calzate alla perfezione, non fosse che era destinato, su richiesta espressa della casa editrice, ad un pubblico troppo giovane; il giallo “Il gioco di Ripper”, che mi ha messo i brividi e mi ha sorpreso con colpi di scena mozzafiato; infine, il magnifico “L’isola sotto il mare”, incantato e magico, un vero capolavoro. E altri ancora, tra cui la “Trilogia di Aquila e Giaguaro”, che non vedo l’ora di rileggere con i miei figli.
“L’amante giapponese”, dunque, non rientra in questo mio personalissimo elenco, pur essendo un romanzo degno di esser letto. Ma desidero comunque parlarne. In una casa di riposo sui generis, l’ebrea polacca Alma Belasco rievoca la sua lunga esistenza, in compagnia del nipote Seth e dell’amica Irina, che potremmo definire un’OSS.
Sono sincera, malgrado la delicatezza dell’autrice nel tracciare la vita nella Terza Età, io mi sono un po’ depressa, nel leggere alcune pagine in proposito.
Come sempre la scrittrice cilena delinea con chiarezza alcune vicende storiche: qui si concentra su una pagina vergognosa degli USA, ovvero la reclusione dei nippoamericani in campi di concentramento, a partire dall’attacco di Pearl Harbour, fino al termine del secondo conflitto mondiale. E, mentre si dipana la vicenda principale, numerose altre storie presenti e passate si intrecciano, sebbene in alcuni casi non soddisfino appieno e restino appese: ad esempio, Alma lo incontra poi questo nipote, o no? E due parole in più sul matrimonio di Megumi, ce le vuoi dire?
La protagonista non è quel che si dice un “esempio di virtù”: è sostanzialmente egoista e misantropa, viziata e decisamente meschina, soprattutto se contrapposta all’amante Ichimei Fukuda, giardiniere di nobile animo, con una vocazione all’ascesi ed alla contemplazione. Anzi, a me la Belasco sta decisamente antipatica!
Tuttavia, come dicevo, Isabel (che mi si perdoni la confidenza) è una maga delle parole e descrive momenti di passione senza pari, pur senza indugiare in particolari, caricando le pagine di sensualità, solo con poche pennellate che resteranno indimenticabili.
Ed ora veniamo alla mia, di vicenda, quella di Loredana che si lascia trasportare in questo amore, che spazia nel tempo fino a trascendere la morte che diventa un continuum con la vita. Come altre volte, con questa impareggiabile autrice, ho iniziato a piangere, di commozione e ammirazione, piena di gratitudine per le emozioni che regala e, colma io stessa di passione, sono andata nell’altra stanza da mio marito… trovandolo giacente sul divano, con le cuffiette, stremato dalla lettura di Tex Willer. Sì, certo, anche il nostro è un grande amore, però mi si sono asciugate tutte le lacrime.