“Ho avuto il privilegio di conoscere un destino straordinario. Sono una creatura del fato, il quale di è impossessato di me e ha tracciato la mia strada. Non mi appartengo ma sono il testimone esterno della mia stessa vita.“
Maria Callas 1970
Il 16 settembre 1977 muore a Parigi a soli cinquantatré anni Maria Callas, la “divina”, la “dea greca” dei teatri di tutto il mondo, la cui fama si era innalzata sui prodigi di una voce eccezionale e sulle doti di splendida attrice e donna raffinata. Una vocalità che sempre aveva diviso gli ascoltatori in favorevoli e contrari ma che aveva conquistato tutti. Il timbro della sua voce aveva avuto la non comune caratteristica di poter variare rapidamente dalla dolcezza al furore drammatico, dalla soavità allo schianto della sofferenza e del dolore. Fu chiamata soprano “tricolore” per le tinte possedute dal suo canto: gutturale, scuro e arcigno nel registro grave, chiaro ed opaco in quello medio e tagliente e forte nell’acuto.
Altra stupenda caratteristica del vocalismo dell’artista era l’intensità sonora del suo canto; capace di passare dal leggero al fortissimo, di allungare le note a dismisura o di pronunciarle a squarciagola a seconda della volontà del compositore stesso, in corrispondenza dei vari momenti emotivi ed espressivi dell’azione scenica. Riuscì a rompere la regola dei tre generi di voce femminile di soprano: il leggero, il lirico e il drammatico, conglobandoli ed uniformandoli, riuscendo a passare dall’uno all’altro con estrema disinvoltura, incurante delle critiche spesso anche feroci. Fu per molto tempo la più invidiata delle donne. Regina della Scala, fece impazzire il pubblico di tutto il mondo. Spavalda, sicura, emanava un fascino irresistibile e sul palcoscenico si muoveva come una dea. Ma chi era Maria Callas e da dove veniva?
I coniugi Kalogeropoulos emigrarono in America nel 1923, anno in cui nacque Maria, il matrimonio non era dei più felici e il padre Giorgio, proprietario di un drugstore a New York perse il negozio insieme a tutti i suoi risparmi con la crisi del ’29. La piccola Maria era molto robusta e soffriva di una forte miopia e secondo chi la conosceva all’epoca il suo destino non poteva essere dei migliori. Si narra fosse anche pigra e molto trasandata. Ma la ragazza aveva un forte temperamento e la madre era una donna molto ambiziosa tanto da iniziare le sue due figlie alla musica, alla danza e al canto. Nel 1937 la madre con le due figlie tornarono in Grecia a causa della crisi matrimoniale, dei problemi economici e anche per far studiare canto alla piccola che già all’età di nove anni si esibiva per i viaggiatori e per gli ufficiali presenti nella nave. Così Maria ad Atene iniziò a prendere le prime lezioni e cominciò a mettere in ordine il grande materiale vocale che possedeva per dono di natura. Una sua famosa insegnante fu Elvira de Hidalgo (una delle star del Metropolitan) che le insegnò come entrare nello spirito dell’Opera. Già cominciava a cantare al conservatorio con successo, poi scoppiò la guerra ed ella continuò a studiare e a cantare all’Opera di Atene, era decisa ed ostinata, desiderosa di imporsi ad ogni costo. Finita la guerra cominciò a desiderare di andarsene dalla Grecia in parte a causa dei difficili rapporti con la madre, in parte per le grosse difficoltà in cui versava il paese in quel momento storico. Così decise di tornare in America, partì da sola, sapeva di valere, non temeva nulla e si apprestava a conquistare il Nuovo Mondo. Lì era molto più facile pensare a un avvenire, non c’erano città bombardate da ricostruire, la riconversione economica era facilitata dalla necessità di aiutare gli alleati in miseria, le strutture civili erano intatte. Sarebbe stato molto più facile che in una Europa ancora lontana dalla rinascita. Inoltre poteva contare sull’appoggio del padre. Le biografie e gli articoli di giornale pubblicati anni dopo narrano fatti pittoreschi e forse non del tutto credibili. Accentuano la grassezza e la goffaggine della cantante, attribuiscono rifiuti e sdegni a dirigenti e maestri di musica, cachets più che modesti. In America la Callas si fece presto conoscere per un’opera importante che le aprì le porte dell’Italia. Debutterà a Verona poi a Venezia protetta da impresari del calibro di Meneghini e Serafin, poi in seguito sarà a Trieste, Genova e Roma. La conquista dell’Italia continuava città dopo città, ormai veniva considerata una voce importante, degna di entrare nei centri più famosi della vita teatrale; se ne intuì subito la partecipazione allo spettacolo, il senso formidabile del palcoscenico, l’incredibile voracità lirica.
Nel 1949 divenne la signora Meneghini. Il gentil signore di Verona, sistemata abilmente la sua attività industriale, si trasformò in un impresario teatrale e in un premuroso accompagnatore. Da quel giorno in locandina si leggerà Maria Meneghini Callas. Il pigmalione di Verona aveva passato la cinquantina, era di spirito allegro e mondano ed era un abile imprenditore. Si potrebbe discutere a lungo se il suo amore per la cantante fosse più motivato dalla sua voce o dalla sua persona, certamente l’una e l’altra cosa si unirono e fecero realizzare la grande impresa di costruire con il suo denaro, il suo affetto e la sua dedizione una primadonna assoluta. Nel 1952 ebbe inizio il decennio più intrepido della carriera dell’artista; in dieci anni ebbero luogo 166 rappresentazioni di 26 opere liriche, anni che verranno consacrati completamente al Teatro alla Scala, anni di lotte vittoriose che porteranno poi alla capitolazione dell’ultima sera del 3 giugno 1962.
Maria a trenta anni avrebbe desiderato un figlio e una vita matrimoniale tranquilla, ma si fece prendere dalla carriera e dal successo privandosi della maternità. Non stupirà quindi che la sua Norma e la sua Medea siano sempre state delle interpretazioni sublimi e perfettamente riuscite. Fu sempre in questo periodo che iniziò la sua trasformazione fisica: da grassa e sgraziata cominciò, grazie ad un regime dietetico severo, a diventare magra ed elegante, in due anni perse 30 kg ed ottenne una silhouette da star di Hollywood. Alla luce di tale dimagrimento il pubblico paventò però una perdita di voce. In realtà la capacità toracica nulla ha a che vedere con il corpo che la circonda e una gran voce può pure trovar rifugio in un corpo esile. La sua voce cominciò a cambiare in quegli anni non a causa del dimagrimento, ma perché era maturata e quindi il suo registro vocale non era più lo stesso. Tale ridefinizione del registro vocale fece sì che la cantante lavorasse a un numero più limitato di ruoli, li approfondisse con precisione e stabilisse con essi una grande complicità. I suoi cinque volti gloriosi furono: Norma, Violetta, Tosca, Lucia e Medea. Inoltre liberatasi delle sue rotondità, veniva vestita dai più famosi sarti di Roma e Parigi, indossava magnifici gioielli e vantava un guardaroba di 300 scarpe. Venne invidiata per la fama e per la bellezza.
Nell’estate del 1959, dopo aver rotto le relazioni diplomatiche con la Scala e il Metropolitan e aver compiuto un giro di concerti senza particolare successo, Maria non doveva essere molto felice né realizzata nella sua vita di donna. L’incontro con Onassis ebbe forse il potere di proiettarla in una dimensione diversa e sicuramente dopo lunghi anni di duro lavoro e di stress continuo, sia lavorativo che familiare, ella sentiva il bisogno di lasciarsi andare. L’evasione con Onassis fu un atto liberatorio, una specie di fuga. La vita con Meneghini negli anni aveva perduto il suo fascino, le si era dedicato completamente, era stato un abile e ingombrante manager, ma era un uomo avido e il rapporto tra i due era diventato teso fino all’’esasperazione. La vacanza sul Christina con l’intrepido armatore greco le aprì le porte di un girone sociale più ampio e lei ne subì il fascino. Così comincia a viaggiare con il suo nuovo compagno tra Parigi, Londra, Milano e Montecarlo, è spesso in compagnia di personaggi illustri, si lascia andare ai piaceri della vita, è sempre più bella e appare rilassata. Ma chi la conosce bene sospetta che sia l’inizio della fine della sua carriera di cantante. Infatti l’inizio dell’“era Onassis” segnò la fine della Callas artista. Da quel fatale incontro prese il via la decadenza. Un mondo frivolo, senza qualità, privo di stimoli intellettuali si sovrappose ad ore e ore di studio, consacrate alla scena. La sua popolarità cominciò a crollare rovinosamente. Cominciò a cancellare gli impegni, a non presentarsi ai concerti. Nuovi cantanti stavano salendo alla ribalta nei più famosi teatri del mondo, ella continuò ad esibirsi, ma il declino della sua voce era orma innegabile, aveva perso quel delicato equilibrio di canto che l’aveva resa celebre. Quel canto che aveva fatto impazzire milioni di persone era ormai solo un ricordo. Le sue sofferenze psicologiche aumentarono, con la consapevolezza di perdere ogni giorno un po’ di fiducia e di speranza. La Callas di un tempo non esisteva più, era diventata una donna profondamente triste, pallida, sola. Si sentiva inutile. Furono poche le persone che le rimasero vicine fino alla fine.
In realtà la Callas non è mai morta, il suo nome risuona ancora nei teatri di tutto il mondo, è stata mitizzata, adulata e idolatrata. È stata elevata al rango di primadonna, vulcanica e capricciosa, icona degli amori infelici e dei destini spezzati. La quintessenza della diva.
Si sa come Umbria Jazz, in ormai dieci lustri, abbia portato a Perugia e dintorni,…
Convegni, tavole rotonde, degustazioni enogastronomiche, mostre fotografiche e documentali tutto dedicato all'animale simbolo della Valdichiana:…
“E io vado a mangiare dallo zio Ernesto!!” Scommetto che se solo avesse un ospitale…
È uscita la nuova guida di Condé Nast Johansens per una vacanza in una delle…
Nel genere da me e da tanti altri amato c’ è sempre stata la contrapposizione…
TOP TEN Mussolini il capobanda. Perchè dovremmo vergognarci del fascismo di Aldo Cazzullo,…