Se mi dovessi paragonare ad un capo di abbigliamento probabilmente la mia scelta ricadrebbe su un tubino nero con scollo a barca e magari un fiocchetto nel punto vita. Elegante e versatile, un passepartout insomma. E giustificherei la mia scelta con il fatto che non si hanno mai abbastanza tubini in un armadio così come non si trovano mai due calzini uguali in un cassetto.
Se mi dovessi paragonare a una macchina probabilmente sceglierei una monovolume dinamica e scattante, facilmente parcheggiabile e accessoriata al punto giusto, già con lo stereo funzionante e l’aria condizionata sarebbe un passo avanti enorme rispetto al mio rottame ereditato annata 1997.
Le macchine non sono come il vino, invecchiando non migliorano affatto. Dopo la maggiore età gli unici orizzonti che si aprono con una macchina sono il meccanico e il carroattrezzi!
Se mi dovessi paragonare ad un oggetto di arredamento mi paragonerei sicuramente ad un divano perché è il luogo dove passo la maggior parte del tempo libero – visto la mia naturale pigrizia e la dipendenza da serie televisive e film. Un bel divano, comodo e soffice dove quando ti rialzi hai la schiena che ha già fatto partire la telefonata al tuo chiropratico di fiducia.
Se paragonarsi a tutto questo vi sembra strano per non dire ridicolo sappiate che durante un colloquio di lavoro la probabilità che vi facciano queste domande è abbastanza alta, preciso ieri pomeriggio sono stata convocata a un colloquio dove mi è stato di chiesto di preparare una presentazione dettagliata di me stessa paragonandomi a un oggetto che deve rappresentare in tutto e per tutto la mia personalità. Non so come mai, ma agli addetti alle risorse umane queste domande piacciono tantissimo e la notte mentre noi poveri candidati dormiamo loro si ritrovano per decidere la prossima domanda trabocchetto.
Aldilà della reazione immediata – alzata di sopracciglio e aggrottamento della fronte – mi sono ricordata di quando anni fa in un colloquio per un negozio di articoli sportivi mi chiesero dopo 45 minuti di analisi socio-psicologica di raccontare la mia ultima esperienza di shopping. E non potendo rispondere che l’abbigliamento sportivo aveva per me la stessa attrattiva di una zuppa di verdure quando sei a dieta, farfugliai qualcosa sulle mie favolose scarpe da running – regalate e mai usate – che mi avevano cambiato la vita in meglio. La cosa buffa è che per la legge del contrappasso alla fine ottenni anche il lavoro e… un rifornimento annuale di sneakers.
Seduta sul mio divano con ai piedi le mie francesine mi chiedo quanto sarebbe più semplice e efficace durante un colloquio fare domande del tipo “quali sono le tue capacità, ambizioni ecc?”. Qualcosa insomma che non costringa il candidato ad ispezionare la propria casa chiedendosi se sia più appropriato essere una lampada o un portaombrelli.
Già è difficile essere sé stessi, figuriamoci un oggetto inanimato.
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