Oramai è cosa nota alla maggioranza  che sono una persona che odia gli stereotipi, che rifiuta concetti prestabiliti e qualsiasi verità assunta come dogma. A differenza insomma della mia schiena sempre meno collaborativa, mi si potrebbe definire una persona “flessibile”.

C’è però una tematica che mette in discussione la mia natura dissacrante e mi porta a diventare una stereotipatrice occasionale e consapevole:il genere maschile! Argomento che, come mi hanno fatto delicatamente notare alcune mie amiche,  ho sviscerato all’inverosimile.

Purtroppo per la letteratura in materia e per fortuna per le orecchie altrui da quando ho conosciuto il mio fidanzato, 5 anni orsono, le mie invettive contro l’altro sesso si sono ridotte drasticamente, ma ogni tanto per rispolverare le vecchie abitudini e per ricordare al fidanzato che non si deve sedere troppo sugli allori dello storico ribadisco ancora una volta il concetto: gli uomini vengono da Marte e noi ovviamente dal pianeta superfico Venere. Parafrasando il titolo del bestseller di John Gray che ha analizzato le differenze tra i sessi in modo ironico paragonandoli ai due pianeti del sistema solare così diversi per natura, colore e orbita.

In effetti noi donne abbiamo un modo tutto nostro di orbitare, Venere infatti ruota su se stesso da est verso ovest, nello stesso senso del verso di rivoluzione attorno al Sole mentre tutti gli altri pianeti del sistema solare ruotano da ovest verso est.
Fino ad oggi il moto diverso di Venere non ha ancora trovato una spiegazione plausibile. Come ovviamente non è stata ancora trovata una spiegazione scientifica al sesto senso femminile e alla capacità di fare più cose contemporaneamente. Siamo un pianeta oscuro e criptico ai Marziani che solo per il fatto che non ci capiscono ci etichettano e ci semplificano. Quante volte anche i più illuminati di loro pronunciano frasi retrograde come “Non sai neanche cucinare”, ” Ma cosa hai fatto tutto il giorno”, “Mia mamma lo sa fare, perché tu no?”. Quante volte ci sentiamo delle colf non retribuite e quante volte la nostra frustrazione viene scambiata per sindrome premestruale?

Siamo davvero due pianeti lontani mille anni luce, governati da equilibri e ormoni completamente diversi che ci spingono in opposte direzioni e che non ci fanno parlare la stessa lingua. Quanti innocenti litri di spritz dovranno ancora scorrere, quante telefonate kilometriche, pianti notturni, torte consolatorie e acquisti compulsivi ci saranno prima di capire questa semplice verità.

Gli uomini camminano su un binario parallelo che con il nostro non si incontrerà mai, il nostro moto di rotazione sarà sempre incompatibile. Una consapevolezza che, dopo anni e anni di tentativi di fusione e paurose collisioni, è diventata chiara. La soluzione ad anni di litigi risiede nell’accettazione di questa altrui differenza, nella certezza che la comprensione delle reciproche orbite è semplicemente un atto di pura fede. Confidiamo che spesso dietro i  comportamenti incomprensibili e discorsi monosillabici ci sia un ragionamento sensato e ponderato, noi non lo vediamo e loro fanno di tutto per nasconderlo, ma dobbiamo credere che ci sia, avere fede che prima o poi ci sarà palesato, che verremo illuminate anche noi come san Paolo sulla via di Damasco.

Sabato scorso anche io ho accettato acriticamente l’abbandono serale per la partita, l’acquisto di una bottiglia di Champagne per festeggiare con gli amici, la cena alle 7.30 in compagnia delle galline perché in fondo confidavo che dietro l’incomprensibile si celasse la tensione per la promessa fatta e che la faccia triste del mio fidanzato di ritorno dalla sconfitta altro non fosse che delusione per il matrimonio sfumato e non la fine del sogno di gloria di uno Juventino che indossava la maglietta originale di Del Piero del 2001. Credere mi costa molto meno del mio bel servizio di piatti rotto.

Cecilia Falchi

30enne Blogger per sopravvivenza mentale e precaria per scelta altrui. Spontanea nel suo essere assurda, sembra uscita da un'illustrazione di "Mary Poppins", ma respira sarcasmo come un personaggio di Woody Allen. Calamita vivente per i guai. Il suo motto è "Domani è un altro giorno... speriamo parta la macchina"

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