Il mio principale difetto è che ho un’opinione chiara e definita su tutto e non risparmio di esprimere le mie considerazioni soprattutto quando non sono richieste. Ai più potrebbero sembrare semplicemente critiche, io invece le definisco elucubrazioni necessarie alla mia vita salutare nella comunità.
Ma c’è un momento in cui il mio ego e la mia bocca tacciono. Solitamente questo accade davanti alle serie di Netflix o FoxLife o quando dormo davanti alle serie di Netflix e FoxLife. Ma da quando la Juve ha battuto il Barcellona nella partita di andata dei quarti di finale della Champions League c’è un momento in più di mutismo da annoverare tra i primi due.
Tutti conoscono il mio profondo amore per lo sport, coltivato in anni di esercizio fisico per le vie del centro, andando avanti e indietro dai camerini dei negozi, esercitando il muscolo della mano destra con svariate serie di strisciata di carta di credito e in special modo il mio profondo amore per il calcio, il cui climax viene raggiunto nell’osservazione etnografica del gruppo sociale dei calciatori e nell’analisi anatomica dei suoi soggetti.
Questa mia passione “dichiarata” ha acquisito nuova linfa dopo che, dietro a continue e pressanti insistenze fatte al mio fidanzato perché si decidesse a chiedermi di sposarmi prima che una nuova Era Glaciale si abbattesse sul nostro pianeta, il malcapitato ha ceduto e sentenziato, conscio della poca probabilità dell’evento:
<< Se la Juve vince la Champions League, ti sposo >>.
Dichiarazione debitamente sottoscritta e controfirmata alla presenza di testimoni.
La Juventus non vince una Champions dalla stagione 1995-96 quando ad indossare la maglina blu con le stelle gialle nelle spalle c’erano ancora Vialli con la sua testa pelata, Ravanelli con quella brizzolata e Conte che ancora non era il fico di oggi, ma il calciatore con il peggiore taglio di capelli mai visto fino a quel momento.
A inizio stagione le chances a mio favore non erano molte, ma mai e dico mai sottovalutare il potere di una donna e di una neotifosa bianconera.
Ho rispolverato le vecchie magline della mia adolescenza con il numero 10 di Del Piero sulla schiena, la sciarpa di Forza Juve che era stata relegata nello scatolone di Carnevale e zitta zitta ho cominciato ad affidarmi a lui, l’unico e inimitabile “Pipita“, l’unico calciatore equipaggiato di ciambella.
Così partita dopo partita le mie speranze sono aumentate e le mie conversazioni sul matrimonio drasticamente diminuite sospese in un’aura di misticità bianconera, ad ogni vittoria il gruppo di amici del mio fidanzato ha aggiunto tasselli all’organizzazione dell’addio al celibato e io ho iniziato a parlare con i miei denti, intimandogli di raddrizzarsi in fretta per le foto di rito.
Ancora certo il Dado non è tratto e mentre aspetto di passare dal bianco e nero scaramantico al bianco avorio, mi godo in religioso silenzio senza fare elucubrazioni lo spettacolo serale di vedere un tifoso juventino sudare ad ogni goal, non della squadra avversaria, ma di quella del cuore.
Troppo divertente!
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