di Nicholas Baldelli Boni
Voglio pensare che da qualche parte, lassù in alto, ci sia una conferenza stampa dove oggi arriva, un po’ trafelato ma sempre con il suo sorriso contagioso, Nestore Morosini. Profondo credente, non risparmierà sicuramente nemmeno al Signore qualche domanda difficile, nè qualche frecciatina divertente. Dubito però che chiederà mai, per sé, la domanda più importante che ci facciamo noi, rimasti qua con il cuore un po in gola: “perché?” Credo non lo chiederebbe proprio perché era una persona di fede e sopratutto, per come lo ho conosciuto io, una persona serena.
Ho avuto il piacere, il privilegio, di conoscere Nestore solo da pochi anni, grazie alla sua amicizia fraterna con il padre della mia compagna, Giancarlo Luigetti, con il quale ha fondato, assieme a molti altri dei “soliti (simpaticissimi) sospetti”, il famoso “serpentario” della vecchia guardia della Formula 1. Loro hanno condiviso, da prospettive di lavoro diverse, i decenni della Formula 1 affascinante che non esiste ormai più, quando i piloti uscivano dall’abitacolo a Montecarlo con la mano che sanguinava dopo migliaia di cambiate in manuale, per intenderci.
Nestore a 83 anni aveva l’acume, la lucidità, la rapidità e il senso dell’umorismo fulmineo che lo ha contraddistinto per tutta la sua vita. Nel poco tempo che ho avuto con lui non c’è mai stato un momento di noia, dico mai. E come potrebbe esserci stato, quando una delle sue più grandi abilità, seconda solo forse al suo scrivere, era la sua capacità di raccontare storie. Intendiamoci subito… mica storiette eh, le sue storie partivano con “Un giorno mi chiama Enzo Ferrari e mi dice…“!
Affascinante per me il ricordo di una in particolare, che voglio ricordare: quella di quando riuscì a sorpassare Ayrton Senna in macchina. Aveva in prova una Lancia Thema, la versione con il motore Ferrari, e ad un tratto andando in autostrada verso il circuito di Hockenheim riconobbe Senna che andava nella stessa direzione con una piccola Honda. Mi raccontò che in quel momento disse a sé stesso che se non avesse superato di potenza il campione del mondo allora, non lo avrebbe mai più potuto fare. Dunque facendo cantare il motore Ferrari della sua Lancia superò Ayrton Senna con il sorriso e facendo ciao con la manina, in un momento che descrisse come da “ganassa”. Senna naturalmente lo riconobbe e si mise dietro di impegno, ma sui rettilinei non c’era nulla che la piccola Honda potesse fare e Nestore iniziò a guadagnare terreno e a pregustare una certa soddisfazione. Se non che all’improvviso due camion decisero di superarsi, azzerando di fatto il vantaggio. Nestore pensò semplicemente di dare manetta appena la corsia di sorpasso si fosse liberata, sapendo di avere i cavalli. Senna i cavalli non li aveva, ma ebbe un altra idea. Nestore mi raccontò che il Brasiliano gli schizzò avanti con la piccola utilitaria e passò in mezzo ai due camion mentre si superavano. Giunto in circuito Nestore trovò Ayrton appollaiato su un muretto che lo aspettava con il sorriso: “Nèstor!” gli disse, “el campeon del mundo sono yo!”
Persone meravigliose ed uniche che la malattia sottrae al mondo. Memorie storiche che svaniscono. Separazioni.
Ciao Nestore.
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