Facendo riferimento ad alcuni discorsi, commenti e post facebookiani sulla questione dibattutissima, anche localmente a livello politico, degli immigrati in aumento dalle nostre parti, vorrei fare una riflessione. Ci sono problemi che riguardano il nostro futuro, problemi di ambito nazionale e transnazionale ma anche antropologico che piano piano cominciano a fare breccia nei cuori e nelle menti di tanti comuni e semplici cittadini che non sono più disposti a credere (e a cedere) a soluzioni ideologiche i quali sempre più guardano preoccupati alla realtà, al quotidiano, alla propria “sopravvivenza” non solo biologica ma anche identitaria.
C’è di mezzo l’essenza più profonda dell’essere umano, quella che non potrà mai essere cambiata, che non è certo cattiva di per sé ma costitutiva di un “ordine” che non può essere rovesciato: l’uomo ha bisogno, per sopravvivere, di una comunità in cui riconoscersi, di un nucleo familiare in cui vivere i propri legami affettivi, di una casa per stare al sicuro, di un territorio dentro il quale possa prendersi cura, assicurare giustizia e benessere per sé, per gli altri e per le generazioni successive. Nel momento in cui questo “ordine” è minacciato scatta la reazione. Se guardiamo e leggiamo tra le pieghe della nostra storia recente e lontana ci accorgiamo che le guerre sono scoppiate per motivi che sono in stretta relazione con questo “ordine”. Oggi l’uomo non è né migliore né peggiore di mille anni fa. E’ sempre stato così e sempre sarà così. Per quanto si possa cercare di forzarlo, questo “ordine” è destinato a tornare all’origine, come l’acqua è destinata, in un modo o in un altro e talvolta travolgendo tutto, a tornare al mare.
Se comincia ad esserci un diffuso malcontento e una sempre più forte resistenza ad accogliere immigrati in Italia non credo che risolveremo tutto tacciando di razzismo quello e di fascismo quell’altro, e, aggiungo, non sarebbe nemmeno giusto dopo che per decenni gli italiani tramite i servizi sociali, le Caritas, le parrocchie, le istituzioni, o anche individualmente, si sono dati da fare in tutti i modi, per aiutare profughi, clandestini, immigrati, ecc. Adesso mi pare che siamo arrivati ad un livello di guardia oltre il quale non possiamo che aspettarci conseguenze disastrose per chi ospita e per chi è ospitato.
La gente ha paura, sì ha paura, ma non dell'”uomo nero”, ha paura che quell'”ordine” di cui parlavo sopra venga sovvertito, ha paura per il proprio futuro e che i propri figli possano ritrovarsi in un Italia senza identità, quell’identità fatta di cultura, di religione, di tradizioni, di storia in cui invece ci riconosciamo, ci identifichiamo, ci relazioniamo tra di noi e con il resto del mondo. Abbiamo fatto tanto, siamo stati accoglienti, disponibili, non ma non è bastato purtroppo. Certo la soluzione non è semplice, migliaia, forse milioni di persone a causa di guerre, povertà, terrorismo stanno fuggendo dalla loro terra ma è impensabile, ingiusto anche moralmente, permettere che tutti transitino per l’Italia con il rischio di non sapere più dove e come accoglierli, cosa che in parte sta già accadendo.
Io sono cattolico, conosco bene il principio, anzi, il comandamento evangelico della carità, che vuol dire amore e solidarietà per il fratello e non dovrà accadere che chi sta per morire affogato o affamato non venga aiutato, ma sempre in linea con lo stesso Vangelo so anche che ogni essere umano ha il diritto di vivere nella propria terra, una dignità, che, se non c’è più, va restituita. Una cosa è certa: adesso dobbiamo restituire serenità ad un paese, il nostro, che sta subendo pesantemente, senza l’aiuto delle altre nazioni vergognosamente assenti, il problema immigrazione.