di MARCO SCARAMUCCI
Il “volo” del Cristo Risorto: l’antichissimo rito con cui da secoli a Cortona si festeggia la Pasqua.
Un tradizione secolare ancora talmente radicata nella comunità cortonese che solo la terribile pandemia che quest’anno ha sconvolto il pianeta poteva interrompere.
Da “Portatore” del Simulacro ligneo e da suo affezionato, e convinto che la cosa possa esser gradita a tutti coloro che in quest’ultima Pasqua non hanno potuto vederlo entrare in Duomo “in volo” nella notte del Sabato Santo né seguirlo in processione mentre “vittorioso” attraversa le strade cittadine il pomeriggio del martedì successivo alla Pasqua, ho pensato di raccogliere notizie sulla sua storia e su quella delle origini delle due processioni di cui il “Resurrexit” è protagonista durante il periodo pasquale
Quelle che seguono sono le informazioni che ho trovato e su testi scritti da studiosi di storia di cortonese e sui notiziari locali:
Circa alla fine del 1500, nella zona della città in cui la fine di Vicolo Tarconte si incrociava con l’inizio di Vicolo Sellari e di lato a Palazzo Cerulli, esisteva una piccola Chiesa che era intitolata alla Madonna della Misericordia. Era stata costruita dalla Compagnia degli Artieri della lana: i “Battilana”. Erano coloro che svolgevano il lavoro di cardare e battere la lana.
La Compagni della Madonna della Misericordia dei Battilana era proprietaria e custode del Simulacro antico del Cristo Risorto che era collocato e venerato in un altare laterale di questa chiesetta in Cornu Epistolae.
Ogni anno nel tempo di Pasqua, ed esattamente nel Sabato Santo, i Confratelli della Compagnia si vestivano con cappa turchina e, sorreggendo il simulacro a spalla, lo conducevano in Processione fino alla Piazza della Cattedrale dove, nell’atto stesso di entrare in Duomo, spiccavano una poderosa corsa che creava nei fedeli l’impressione che il Cristo stesse arrivando in chiesa in “volo”.
Se rito del “volo”, tradizione che sembra sia nata in Cortona e che sia stata presto imitata anche altrove, riusciva agevolmente e senza incidenti veniva interpretato come segno di buon auspicio anche dagli abitanti della valle.
Quando il simulacro del Cristo Risorto usciva dalla Chiesa dei Battilana erano presenti tutte le Compagnie con i gonfaloni, i lampioni e gli stendardi, i Cavalieri di Malta e quelli di S. Stefano, la nobiltà ed il popolo. Tutti si inginocchiavano per la strada al passaggio del “Resurrexit”.
In Duomo attendevano il simulacro di Gesù la Comunità, i Priori e il Magistrato.
Nel 1750 il Simulacro del Risorto che aveva dato origine alla tradizionale processione fu dismesso e la Compagnia commissionò al Maestro Francesco Fabbrucci (1687-1767 ) la creazione di una nuova statua che fu portata anch’ essa nella Chiesa della Madonna della Misericordia.
Il nuovo simulacro che, come poi racconterò fu oggetto di curiose illazioni, molto evidentemente doveva esser di dimensioni maggiori del precedente poiché sappiamo che i Confratelli decisero di far costruire un nuovo e più ampio portone affinché la statua potesse entrare ed uscire dalla Chiesa senza dover esser inclinata.
Seguita questa indicazione e fatto un giro di perlustrazione in quei vicoli ho creduto – ma riconoscendo la mia incompetenza in materia immagino che sia solo una mia ingenua illusione – di aver individuato nel muro di un edificio posto proprio all’incrocio dei vicoli citati e per di più di lato alla facciata posteriore di Palazzo Cerulli, i segni di un portale ovale tamponato. L’ edificio che è attualmente chiuso all’interno di un giardino appartenente ad una abitazione privata, è l’unico della zona che abbia avuto un portale di dimensioni un po’ più grandi rispetto a tutte quelle delle abitazioni poste nello stesso tragitto, troppo anguste e basse per il passaggio della imponente statua lignea.
Quando nel 1786 la Chiesa della Madonna della Misericordia dei Battilana fu soppressa, il Simulacro fu affidato alla Compagnia del Gesù che provvide da allora a custodirlo nell’ omonima chiesa. E’ lo stesso luogo dove la statua del Cristo trionfante dimora tuttora dalla fine del periodo Pasquale di ciascun anno fino alla mezzanotte del Sabato Santo dell’anno successivo.
Mentre ai giorni nostri la cerimonia che ricorda la Resurrezione di Gesù si svolge alla mezzanotte del il Sabato Santo, in passato il suggestivo “volo” si svolgeva a mezzogiorno.
Da un articolo pubblicato in data 1 Aprile 1923 nel locale notiziario “l’Etruria” e firmato dal suo fondatore Raimondo Bistacci sappiamo infatti che:
“Fino dalle ore 10 del mattino di ieri, il monumentale Tempio del Duomo era gremito di fedeli assistenti alle Sacre Cerimonie alle 11 ½ tutta la Piazza della Cattedrale e la vicina Piazza delle Erbe erano letteralmente gremite di popolo…”
Grazie ad un successivo articolo dello stesso autore pubblicato sul medesimo quindicennale in data 25 Marzo 1935 possiamo conoscere lo svolgimento della cerimonia con una maggior dovizia di particolari: “Alle ore 11 ½ circa il Vescovo e il Clero si recano processionalmente al Battistero per la Cerimonia, poi rientrano in Duomo. Subito viene sbarrato l’acceso ai fedeli dai RR. CC. e chiuso il portone e le tende delle finestre rimanendo il tempio nell’oscurità. Alle ore 11 ¾ entrava in Chiesa lo stendardo e i pregevoli candelieri della Compagnia che vanno ai piedi del presbiterio. Il Celebrante, dimessi i paludamenti violacei e indossati quelli bianchi si appresta alla celebrazione della Messa. A Mezzogiorno intonando il “Gloria” d’improvviso si apre la porta si aprono le tende alle finestre suonano in giubilo campane, campanelli ed organo e il Simulacro della Resurrexit entra trionfalmente in Chiesa e piegando al presbiterio, si ferma nel centro. I fedeli che hanno sostato fuori irrompono nella Chiesa pel bacio del piede…”
Terminata la cerimonia che ho descritto sopra il Cristo rimaneva esposto In Cattedrale fino al terzo giorno di Pasqua quando, dopo i Vespri, i Confratelli della Compagnia della Misericordia dei Battilana riportavano il “Resurrexit” alla sua sede con solenne Processione che percorreva le vie principali della città transitando anche lungo Via Maffei per confortare con la benedizione del “Cristo trionfante” i malati ricoverati nell’Ospedale comunale che fino ad alcuni anni fa era ubicato lungo quella strada.
Ancora oggi alle 18,00 di ogni martedì successivo alla Pasqua questa tradizione si ripete anche se con percorso più breve: attualmente infatti il corteo attraversa Piazza Signorelli e Piazza della Repubblica, procede per Via Nazionale per dirigersi alla chiesa di San Domenico, torna poi indietro e, una volta davanti alla cattedrale, i fedeli vengono benedetti con la Reliquia della Croce Santa.
Nel corso degli anni può essere accaduto, come del resto è successo anche di recente, che in caso di maltempo la Processione del Martedì dopo Pasqua non abbia potuto svolgersi o abbia dovuto subire delle variazioni di percorso.
Le cronache ricordano ad esempio che nel 1928 si rinunciò a passare per “Rugapiana” poiché il freddo e le violente folate di vento costringevano i Portatori del Simulacro a lottare sudando per procedere nel percorso, ma rendevano anche impossibile l’avanzare al portatore della grande bandiera che in processione precede il simulacro del Cristo senza che quest’ ultima rischiasse di spezzarsi a causa delle raffiche.
La memoria comune vuole invece che niente sia mai riuscito ad impedire che si celebrasse il rito che con il “volo” intende ricordare la resurrezione di Gesù.
Nemmeno la “violenta tempesta” abbattutasi in città nel sabato Santo dell’anno 1927, “la giornata più cruda e tempestosa” che si ricordasse dall’anno 1886, impedì infatti lo svolgersi delle cerimonie pasquali.
Leggiamo il resoconto fattone dall’Etruria il 15 Aprile 1927: “Una violenta tempesta, acqua torrenziale, vento, grandine ai monti e tuoni, si è abbattuta in Città e campagne perdurando dalle 7 del mattino fino alle 13 del Sabato Santo.
Tutti gli affari del mercato sono stati paralizzati e le vie e le piazze deserte.
Una vittima della brusca stagione si è avuta a Porta Colonia: un mulo colpito da sincope, è morto sotto la tempesta.
In Cattedrale le Solenni Cerimonie si sono svolte ugualmente alla presenza di oltre seicento persone.
Già si era disposto di rimandare all’altro anno il mistico Volo di Gesù Risorto, quando lo zelante Camarlingo della Ven. Compagnia del Gesù, Don Dante Calbini, venuto in uno stato pietoso dalla Fratta, ha fatto opera di persuasione fra i confratelli della stessa Compagnia perché il Volo tradizionale non fosse tralasciato. Infatti coperto il prezioso Simulacro con vari panni è stato introdotto in Chiesa, montato sul carro e quindi fatto riuscire dal tempio.
Quando il celebrante Can.co Cap. Cav. Capucci a mezzogiorno ha intonato il “Gloria” il magnifico Simulacro, portato da sedici incappati ha compiuto leggermente il Volo tra l’entusiasmo e l’emozione dei fedeli.
Squarciate le tenebre in Chiesa, le campane e le trombe hanno cantato l’inno glorioso della umana redenzione.”
E’ accaduto anche, e questo di recente, che le impalcature per i restauri della Facciata della Cattedrale abbiano reso difficoltoso l’ingresso del Risorto con lo stendardo in mano. Ma anche in questo caso la volontà di non interrompere l’antica e amata tradizione ha fatto in modo che gli ingegni si aguzzassero e che la funambolica manovra ideata da un abile portatore permettesse al Cristo ligneo di compiere il suo rituale “volo”.
Sicuramente le due antiche cerimonie che accompagnano il periodo pasquale siano state e siano tuttora oggetto di tanta devozione anche per la suggestione che riesce a creare proprio l’aspetto del Simulacro, quel Gesù Risorto che attraversando le strade della loro città guarda maestoso il cielo verso cui sta salendo mentre alza verso questo la mano sinistra in segno di esultanza.
Ma proprio questo gesto, il tenere in alto la mano sinistra, pare sia stato invece l’origine dell’equivoco a causa del quale Francesco Fabbrucci, l’autore del Cristo ligneo, profondamente deluso e depresso dalle critiche rivolte alla propria opera dai suoi contemporanei, pareva si fosse risolto al suicidio.
La statua infatti, già criticata per aver osato raffigurare il Cristo con fattezze troppo “virili”, sembrava oltretutto voler benedire i fedeli con la mano sinistra.
Evidentemente in quei tempi la cosa doveva apparire oltremodo sconveniente, talmente scandalosa da far sì che i cortonesi venissero sarcasticamente stigmatizzati dagli abitanti dei paesi limitrofi come “..i benedetti dalla mano mancina” .
Lascio alle parole scritte dall’insigne architetto Domenico Mirri in un articolo pubblicato nel 1917 il compito smentire le malelingue e rivalutare l’artista che ha arricchito la nostra città di un’opera di indubbio valore
“….La Statua di Gesù Risorto che abbiamo in Duomo che il popolo ammira pur rimpiangendo il fatale errore dell’artista che lo avrebbe fatto Benedicente colla mano mancina. Addebito stupido che non si sa comprendere come possa esser stato messo fuori; e lo fu appena la Statua fu esposta al pubblico, o per ignoranza o per malignità, e trovò credito e si diffuse nel popolo nostro non solo ma anche in quello dei paesi circonvicinali, tanto che questi danno ai Cortonesi per dileggio la qualifica di Benedetti dalla Mano Mancina e ciò dura tuttavia, quantunque sia passato un secolo e mezzo.
…. Ma demando io è pure concepibile l’idea che un artista capace di fare una opera di quel valore sia poi tanto goffo da non sapere riconoscere la mano destra dalla sinistra e le funzioni che rispettivamente a ciascuna spettano ? E’ mai possibile che durante la lavorazione di quella scultura, che necessariamente si sarà protratta per diversi mesi, non vi stato uno solo che abbia rimarcato all’artista un così grosso sproposito per farlo correggere in tempo ? E si che i visitatori non gli saranno mancati ! i curiosi ed i critici non mancano mai, e i committenti avranno tenuto come loro dovere, rendersi conto continuamente del progresso dell’opera.
Basta osservare un momento ma con attenzione quella figura per riconoscere la vacuità dell’addebito che gli vien fatto. La Divina persona di Cristo è rappresentata nell’atto di sorgere dal Sepolcro; tiene la testa e lo sguardo volti al cielo e posa i piedi, mossi in passo affrettato sopra una nuvola: nella mano destra stringe la bandiera della Vittoria ( il prezzo del perdono) e la sinistra la tiene alzata in segno di esultanza. Il braccio alzato è in direzione laterale e non si avanza menomamente più in fuori della linea del petto; la mano è aperta con tutte le dita ben distanziate una dall’altra, quasi come voglia renderne visibili le Sacre Stimate.
In tutto l’atteggiamento nulla indica la posa della Benedizione Sacerdotale…….
Ma poi questo concetto della Benedizione Sacerdotale come poteva venire in mente all’artista ? ……Probabilmente questo concetto è venuto in mente al popolo in seguito al fatto che durante il percorso della Processione, il corteggio col Simulacro si sofferma presso le mura della Città in vista della campagna, per recitare le Preghiere di Rito dette volgarmente la Benedizione della campagna.
Potrebbe darsi che ai tempi nei quali era di prammatica dileggiarsi fra paesi vicini e pareva quasi affermazione di superiorità, beffeggiare anche e specialmente i Santi Protettori, all’epoca in cui i Cortonesi per nominare gli Aretini, i Foianesi e i Castiglionesi dicevano: Quelli della Madonna senza bracci, da san rubato, dal santo stivalato da Cristo nero, trovandosi presente alla pia Cerimonia qualcuno di questi paesi, abbia messo fuori la lepidezza del Cristo che Benedice colla mano mancina…… ”.
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