North Mississippi Allstars – Blue Note – Milano, 07.05.2011 – Prendo a prestito il titolo di un celebre film di Troisi, per giustificare il lungo lasso di tempo passato dall’esibizione dei North Mississippi Allstars al Blue Note di Milano (sabato 7 maggio) a questa mia recensione. Oltre agli impegni radiofonici che mi lasciano poco tempo per scrivere, il problema è stato che stavolta i ragazzi del Mississippi non mi hanno convinto del tutto.
E quando non sono entusiasta mi viene difficile scrivere. Alla fine mi sono deciso perché il set live dei NMA non è stato tutto da buttare e poi forse perché cerco di dimenticare che oggi avrei dovuto essere a Ferrara ad assistere al concerto di Sufjan Stevens e invece, per vari motivi, ho dovuto rinunciare. Mi aspettavo molto dalla band dei fratelli Dickinson, visto l’eccellente concerto a cui avevo assistito a Castel San Pietro Terme (BO) il 27 maggio del 2007. Il Blue Note è un bel locale, spazioso, con un’ottima acustica, anche se l’atmosfera è un po’ fighetta e freddina: certo non il massimo per un concerto di blue-rock… Comunque grande è il mio stupore quando arrivano sul palco i due fratelli senza l’apporto del ciclopico bassista Chris Crew. Oggi il duo chitarra e batteria va di gran moda, White Stripes e Black Keys docet, ma francamente io li preferivo in tre. Soprattutto nella riproposizione delle canzoni dell’ultimo ottimo album, Keys to the Kingdom, la mancanza di Chris si è sentita eccome. Quindi non del tutto convincenti Let It Roll, Ain’t No Grave e soprattutto The Meeting (d’altronde è difficile far dimenticare il controcanto di Mavis Staples…) che fanno decisamente più bella figura nelle arrangiate versioni da studio. Le cose vanno decisamente meglio quando i nostri affrontano i classici del North Mississippi Hill Country Blues, nati per essere suonati in rustici juke joint a volte proprio con solo chitarra e batteria. E allora finalmente ci gustiamo una devastante versione di Goin’ Down South del maestro R. L. Burnside e un’energica Shake ‘Em On Down di Mississippi Fred McDowell. Divertente anche la parentesi acustica in cui i due fratelli, imbracciate le chitarre, ripropongono sonorità vicine ai set unplugged degli Allman Brothers Band. Dopo un’ ora e mezza, poco per il loro standard, Luther, alla chitarra elettrica e Cody, alla batteria, ci salutano. Un concerto con molte ombre e qualche luce, che non regge il confronto con lo splendido live act di Castel San Pietro, dove fra le alte cose suonarono per più di due ore. Dopo un po’ di ricerche in rete non sono riuscito a capire se quella a due è una formazione momentanea o una scelta definitiva. Io spero per la prima ipotesi e do un 6,5 al concerto più per la grande stima che nutro nei confronti di un eccellente chitarrista come Luther e di un ottimo batterista come Cody, che per la riuscita della serata.
Massimo Daziani
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