JJ Grey & Mofro – Georgia Warhorse – Alligator 2010. JJ Grey & Mofrosono una delle realtà più esaltanti del panorama r&b a stelle e strisce. Sono quasi 10 anni che fanno dischi (prima solo a nome Mofro), di cui gli ultimi tre sono dei capolavori nel loro genere: mi riferisco a Country Ghettodel 2007, Orange Blossomsdel 2008 e il recente Georgia Warhorsedi cui parleremo adesso, tutti pubblicati dalla Alligator. JJ Greyè un ottimo compositore e la sua band ha un groove micidiale. Eppure, soprattutto nel nostro paese, non se li fila nessuno, non compaiono mai nelle classifiche dei migliori dischi di fine anno. Misteri della critica musicale nostrana… Nel mio piccolo vedrò di rimediare a questa imperdonabile mancanza. Cominciamo con il descrivere il sound di questa band proveniente dalla Florida. Compito non semplice perché il nostro JJè un vero eclettico e prepara una ricetta sonora piena di profumati ingredienti: il soul più grasso della Staxamalgamato a quello più sofisticato della Motown, un sapido funky , il melmoso swamp blues insaporito con gli aromi del Chicago style e un pizzico di southern rock. La statura dello chef Greyè tale da riuscire a mescolare ad arte tutte queste fragranze musicali, inventandosi piatti sonici prelibati e originali, anche se legati alla tradizione. L’ultima recente fatica discografica conferma questa eccellenza artistica e si pone come summa della sua estetica musicale, essendo a metà tra il sound ruspante di Country Ghetto, più southern e swamp e quello sofisticato di Orange Blossom, ispirato all’elegante soul di Detroit. Vi troviamo così brani dall’incedere funky (Diyo Dayo, Hide And Seek, Slow Hot & Sweaty), potenti swamp rock (All), energici ritmi soul (pensiamo alla bella The Sweetest Thing, che profuma di Muscle Shoalsgrazie anche all’apporto vocale di Toots Hibbert), canzoni spruzzate di blues (The Hottest Spot In Hell, Georgia Warhorse) e soprattutto splendide ballate, vera specialità della casa (l’intensa King Hummingbird, la dolce Beautiful World, la stupenda Lullaby , grazie anche alla slide del grande Derek Trucks, vira verso un crescendo blues). Ma c’è una soul ballad che merita una descrizione a parte, essendo il momento più alto dell’album: Gotta Know. Come ci ha insegnato sua eminenza Otis Redding, la canzone comincia con solo piano e arpeggio di chitarra elettrica, con la voce di JJcalda e rauca al punto giusto. L’entrata contemporanea dell’organo e della batteria è spettacolare. Il pathos si alza ancora di più con l’ingresso dei fiati (inevitabili i brividi sulla schiena). E quando la cerimonia del reverendo Greyè al massimo del suo climax, un assolo assassino di sax ci fa vedere definitivamente la luce. Un brano capolavoro degno dei grandi padri del soul e un disco che entra di corsa nella mia top ten 2010. Voto: 9
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