Durante queste ultime settimane mi è capitato di ascoltare ottimi dischi che avevano in comune solo il fatto di essere stati registrati da artiste donne (e vi pare poco…). Mi è sembrato giusto usare il titolo di una splendida canzone di Carole King, resa immortale dall’immensa Aretha Franklin, per questa veloce carrellata di musica che evidenzia la sterminata creatività del talento femminile.
{rokbox title=| :: |}images/merchant.jpg{/rokbox} Natalie Merchant – Leave Your Sleep – Nonesuch 2010
Per un disco così complesso ci vorrebbe ben altro spazio. Infatti la cantante ed ex leader dei 10,000 Maniacs pubblica un’opera ciclopica, della durata di quasi tre ore, con ben 26 brani distribuiti in due CD. Segnata dall’esperienza di mamma e ritrovatasi a narrare storie alla sua dolce bambina, Natalie ha pensato di raccogliere rime di antiche ninnananne, brani di scrittori come Robert Louis Stevenson, liriche di poeti come Robert Graves, Gerard Manley Hopkins, Christina Rossetti (per citarne solo alcuni) e ha rivestito il tutto con una musica sontuosa che attraversa tutta la multiforme tradizione musicale americana. Per l’occasione la Merchant si fa aiutare da più di cento musicisti, tra cui spiccano i nomi di Medeski Martin & Wood, Wynton Marsalis, i Klezmatics e i Fairfield Four.
Tra ballate di ispirazione anglo-scoto-irlandese (The Walloping Window Blind, Nursery Rhyme Of Innocence And Experience), pezzi di hot jazz (The Janitor’s Boy), ritmi reggae (Topsyturvey-World), eleganti arrangiamenti classici (Equestreinne), ritmi klezmer (The Dancing Bear), profumi country (If No One Ever Marries Me, Calico Pie), tentazioni etniche (The King Of China’s Daughter) e inevitabili derive verso il blues e il soul (The Peppery Man, Bleezer’s Ice-Cream), Natalie ci regala un’opera varia e affascinante che in forma di musica racconta la storia d’America. Vista la sua mole, quest’opera musicale necessita di diversi ascolti per essere pienamente apprezzata; rimane comunque una splendida testimonianza della prorompente creatività di una grande interprete. VOTO: 9-
{rokbox title=| :: |}images/tilston.jpg{/rokbox} Martha Tilston – Lucy And The Wolves – Squiggly 2010
La prima cosa che colpisce di questa artista inglese è la sua voce: dolce e intensa allo stesso tempo, incontaminata e cristallina come acqua di sorgente. Ma la nostra Martha è anche una musicista sopraffina e sforna un meraviglioso disco di folk-rock . La Tilston piazza almeno quattro brani da antologia: The Cape, un vero colpo al cuore per piano e voce celestiale, Lucy ballata di struggente bellezza che non sfigurerebbe nel prezioso canzoniere della Mitchell, Who Turns degna del Van Morrison di Veedon Fleece e Searching For Lamb, canto dal sapore antico, interpretato a cappella con sottofondo di corvi… Una dimostrazione di classe pura. VOTO: 8,5
{rokbox title=| :: |}images/manco.jpg{/rokbox} Silvia Manco – Afternoon Songs – Nuccia-Egea 2010
Affascinante sfida, quella intrapresa dalla pianista, cantante e compositrice salentina Silvia Manco: coniugare il jazz con la canzone d’autore italiana e la bossa nova. Quindi la musica nata a New Orleans diventa l’ideale punto di partenza per esplorare territori più vicini alla popolar music. Il rischio è quello di impantanarsi nelle pericolose sabbie mobili del pop-jazz. Ma la brava Silvia riesce a vincere la scommessa facendosi aiutare da un gruppo di abili musicisti, tra cui spicca il nome del batterista Roberto Gatto, qui in veste anche di produttore. La Manco è particolarmente attenta nel dosare gli ingredienti della sua proposta musicale: un uso della voce caldo e pacato, gli interventi solisti dei musicisti puntuali, mai invadenti, scevri di eccessi virtuosistici e sempre al servizio del brano. Mi piace segnalare dolci ballate notturne come Mad About The Boy, dove Silvia “gioca” a fare Lady Day, o come Afternoon Lover, vicino a certe sonorità alla Nat King Cole, le atmosfere brasiliane di Una Nuova Estate, la dolce melodia di Le Tue Parole (forse il più bello dei brani cantati in italiano), dove la Manco dimostra la sua classe al piano, l’abile compromesso tra improvvisazione e narrazione di Poinciana. Il momento più memorabile del disco è la superba Teardrop, aperta dalle dolci note di un piano elettrico e cantata elegantemente da Silvia; il brano si anima con derive quasi free, grazie alle improvvisazioni della tromba dell’eccellente Giovanni Falzone che risponde alle suggestioni soniche della chitarra di Fabio Zeppetella e al sax di Daniele Tittarelli, il tutto sostenuto dalla creativa base ritmica di Roberto Gatto e Dario Deidda. Sicuramente un’artista italiana da seguire con attenzione. VOTO: 7,5